venerdì 28 giugno 2013

Giochiamo a Classic Pursuit!

Titolo: Classic Pursuit
Autore: Giovanni Mariotti
Editore: Et.al 
Pagine: 224
Prezzo: €12,00
Data di pubblicazione: 8 Maggio 2013



Contenuto
Classic Pursuit è una raccolta di quiz letterari. Quiz difficili, per gente che ha letto molto; in certi casi, vere e proprie sfide. Si dice che Umberto Eco li abbia risolti tutti, salvo il numero 51; ma risolverne una ventina è già una buona performance. Una volta esauriti i piaceri del gioco, Classic Pursuit può essere letto come un libro di narrativa composto di cento brevi biografie, spesso strane e sorprendenti. Pubblicato per la prima volta nel secolo scorso, Classic Pursuit viene riproposto con pochissimi cambiamenti.



«Gli scrittori non nascono per vivere, ma per scrivere»
È da parecchio tempo che voglio parlarvi di questo libro.
Non un romanzo né un saggio né un trattato né, che so, un testo scolastico.
Un libro che coinvolge il lettore in un gioco. Magari in una sfida verso se stessi o verso altri lettori.
Una sorta di Chi vuol essere milionario, ma in veste esclusivamente letteraria. Ancora meglio: un trivial pursuit tutto letterario. Si tratta di Classic Pursuit - 100 quiz difficili per gente che ha letto molto. Come si fa a resistere a un titolo che sembra chiamarci e gettarci il guanto di sfida?
Non si resiste. A costo di sbagliare tutti i quiz, a costo di non conoscere neanche una risposta, questo libro doveva essere mio: nel peggiore dei casi, avrei imparato qualcosa di nuovo.
Il primo quiz cui mi sono sottoposta è stato allo stand della casa editrice Et.al e ho fallito miseramente. Boccheggiavo alla ricerca non tanto della risposta giusta, ma di una qualsiasi risposta. Il tizio dietro lo stand aspettava un cenno di vita che non fosse solo il rossore per la vergogna che provavo nell'annaspare. Poi la rassicurazione: tranquilla, ti ho sottoposto l'unico quiz cui neanche Umberto Eco ha saputo rispondere. Il viso riprende il suo colorito e il sollievo si impossessa di me. A quel punto il libro aveva fatto il suo sporco lavoro: volevo averlo, non tanto per rispondere quanto per apprendere.
Si tratta di cento minibiografie, cento aneddoti riguardanti cento persone famose del mondo della letteratura. Italiane e straniere, di tutti i tempi. Leggendoli capiterà che qualche lampadina si accenda, qualche reminiscenza di studi fatti, ahimé, vent'anni fa, ritorni a galla e mi faccia esclamare: questa la so! Entusiasmo alle stelle di breve durata: per una che so, una trentina vanno via nel più profondo annebbiamento mentale.
Ma che spasso! Mettersi alla prova, spronare la memoria, tentare i collegamenti, lanciarsi nel vuoto. Alla fine la risposta non sarà quella, ma ne è valsa la pena.
Accanto a questo punto di vista, c'è poi la possibilità di considerare Classic Pursuit come una raccolta di racconti, indiscrezioni o anche pettegolezzi su persone ed epoche. Li si può leggere in ordine sparso o uno dietro l'altro, li si può leggere tutti d'un fiato finché non finiscono o conservarli per assaporarne uno ogni tanto.
Io ho scelto la modalità random. Ho il libro sempre a portata di mano e ogni tanto lo apro, leggo un quiz-racconto, e inizio a immaginare quella vita. Non li ho ancora letti tutti, mi piace pensare che domani ne avrò ancora un altro da provare. Mi piacerebbe partire da ognuno di questi racconti e approfondire tutto su quell'autore. Progetto ambizioso, ma non mi pongo un termine: è uno di quei propositi validi per la vita intera.
Vi lascio qui il quiz 60. Prima di googlare la ricerca, mettetevi alla prova. Inutile dire che io non l'ho indovinato.
Se ci fossero stati Dumas e Dickens forse avrei avuto qualche chance in più, ma Mariotti non li ha inseriti. Vi lascio allora questo quiz, intitolato Grandi Speranze (ogni quiz-racconto ha un titolo) dicendovi solo che lo scrittore è famosissimo.

Aquilino il profilo, castani in capelli, la fronte liscia e spaziosa, gli occhi vivaci, i baffi folti, la corporatura a metà tra grande e piccola, e il colorito vivace, più chiaro che olivastro: 
questo il suo aspetto, come egli stesso lo descrisse.
Un colpo d'archibugio gli aveva tolto l'uso della mano sinistra
Questa ferita,
 che considerò bella perché ricevuta nella più alta e nobile occasione che abbiano visto i secoli passati e sperino di vedere quelli futuri, mentre militavo sotto le gloriose insegne del figlio del fulmine di guerra, Carlo V di felice memoria
non fu che la prima delle sue sventure. 
Fu schiavo in terra mussulmana e prigioniero per debiti in terra cristiana. 
 A quarantatré anni rivolse una supplica al Consiglio delle Indie, chiedendo che gli fosse concesso un impiego in America, 
fra i tre o quattro al momento vacanti, per esempio quello di tesoriere del Nuovo Regno di Granata o di governatore della provincia di Soconusco in Guatemala o di amministratore delle galere di Cartagena o di podestà di La Paz
 Queste vaste speranze gli attirarono un rifiuto formulato in modo sferzante. Aveva sognato la gloria delle armi e delle lettere, ma, già maturo, continuava a guadagnarsi da vivere come esattore delle imposte.
Chi è?

mercoledì 26 giugno 2013

È arrivata La penultima fine del mondo grazie a Elvira Seminara

Titolo: La penultima fine del modno
Autore: Elvira Seminara
Editore: Nottetempo
Pagine: 154
Prezzo: €11,00
Data di pubblicazione: 6 giugno 2013

Valutazione:

Trama
In un piccolo paese dell’isola la gente comincia a morire, lanciandosi da balconi e scarpate: nessuno ha un motivo apparente, ma tutti un vago sorriso. I casi ormai non si contano e la stampa internazionale si riversa nella cittadina per documentare gli eventi. Quando, nel timore di un’epidemia planetaria, si spegnerà il faro dell’attenzione, gli abitanti resteranno soli e smemorati a sprofondare nel regno delle ombre. Non soli del tutto, però. È rimasto in paese uno scrittore di gialli per affrontare il mistero di quei suicidi felici. Un noir metafisico e visionario, la distopia di una società deperibile in questo nuovo romanzo di Elvira Seminara.


«Senza volerlo, morivano»
"Inneggiando alla libertà di morte e al suicidio, 
strumenti di lotta individuale contro la tirannia del mercato e il potere dell'industria, 
che ci vogliono vivi per consumare, visto che i morti non comprano nulla, 
si firmavano Silvia Plath, David Foster Wallace, Dorothy Parker e Philip Roth, 
che in effetti non si era suicidato nemmeno una volta, 
ma viste le sue paranoie pareva un valido candidato."

Per un lettore innamorato dei romanzi di Saramago, la trama de La penultima fine del mondo è un invito e una sfida. L'eco del premio Nobel portoghese non abbandona mai chi si è imbattuto nelle sue storie, resta sullo sfondo in maniera sfocata per poi ripresentarsi nitido se lo si scorge altrove. La trama del romanzo della Seminara contiene in sé il richiamo a Le intermittenze della morte: là gli uomini si suicidano tutti, qua non muoiono più. È un richiamo alle società spesso descritte dallo stesso Saramago: città e persone all'apparenza normali che si trovano a fare esperienza di eventi straordinari. 
Ovvio che il paragone si presenti alla nostra mente spontaneo e che ci si chieda se l'opera della Seminara sarà all'altezza del predecessore o se sarà un pallido tentativo di emulare i suoi capolavori. 
La risposta è pressoché immediata. La scrittrice catanese dimostra fin dall'inizio di essere una grande narratrice. Se la trama ci preannuncia un'atmosfera quasi incantata, da fiaba, bé, che il lettore sappia che non si troverà alle prese con un racconto magico e delicato, anzi. 
Ogni pagina è un costante invito alla riflessione, all'introspezione, all'analisi di ciò che accade e perché. Se dalle dimensioni (il libro è grande poco più di una mano con sole 154 pagine di spessore) immaginiamo possa essere una lettura veloce, possiamo scordarcelo. La penultima fine del mondo è un libro che va letto lentamente, che ha bisogno di pause per cercare di comprendere quel che sta accadendo, di momenti riflessivi per ragionare sul perché stiano accadendo determinati episodi. 
Ad ogni pausa, al lettore sembrerà di aver fatto un passo verso l'autrice.
Gli sembrerà di entrare nella sua mente e di condividere le sue scelte narrative.
Ad ogni suicidio, il lettore proverà allora a mettersi nei panni della Seminara e a immaginare le motivazioni di quella scelta. 
Ad ogni intervento della stampa, il lettore capirà che quel che sta leggendo non è solo un'opera di fantasia ma una stoccata verso la società. Verso il consumismo, con il suicidio come unica via di fuga proponibile. E ancora, tra le pagine scorrono accuse verso chi svolge ruoli di informazione. Verso chi manipola la notizia.
Sicuramente però la domanda principale di tutto il romanzo sarà: perché questi suicidi?
Non sta a me dare qui una risposta, e forse non sta neanche all'autrice. Forse il bello di storie come queste è che ogni lettore provi a trovare la risposta al quesito, aggiungendo al senso generale del romanzo il proprio significato e quindi il proprio valore.
Non riesco a dire altro, eppure questo è un libro su cui ci sarebbe tanto da dire. Un libro su cui discutere. Una storia che mette in moto le rotelle nel nostro cervello e ci fa diventare tutti un po' filosofi.


Piccola nota estetica: ho gradito molto il formato del libro. Le sue dimensioni ridotte lo rendono più attraente ai miei occhi. Perfetto non solo da mettere in borsa, ma anche in tasca (aspetto da non sottovalutare, come mi ha giustamente insegnato  Rory Gilmore). E ho gradito molto anche la cover, efficace e attinente al contenuto. Si vede che la Nottetempo l'ha realizzato con cura, e da lettrice non si può che apprezzarne il lavoro.


martedì 25 giugno 2013

Ma come si fa a parlare de La banda del formaggio di Paolo Nori?

Titolo: La banda del formaggio
Autore: Paolo Nori
Editore: Marcos Y Marcos
Pagine: 224
Prezzo: €15,00
Data di pubblicazione: 23 Maggio 2013

Valutazione:

Trama
Ermanno Baistrocchi fa l'editore. Va in giro a far notare le impercettibili differenze tra i suoi libri e quelli delle altre case editrici. Paride Spaggiari fa il libraio. Invita Ermanno nella sua libreria e poi gli fa delle telefonate bellissime, tutte piene di zioboja, ma non sono zioboja d'impazienza, sono come il basso che suona l'un due tre di un valzer, i suoi discorsi sono dei valzer, mettono di buon umore. Poi quando Ermanno ha la possibilità di comprare tre librerie Paride si offre di diventare suo socio, che si trova con una certa liquidità. E per quindici anni Ermanno, tutto quello che fa, ne ha prima parlato con Paride. Poi salta fuori il buridone che i soldi per le librerie a Paride venivano dalla banda del formaggio, come se i delinquenti a Parma fossero tutti della gente che non vedeva l'ora di comprarsi una libreria, come se avere una libreria fosse una specie di status symbol per i ladri. E finisce che Paride si butta giù dal settimo piano, e dicono che sia stato per via dei giornali, per via di quello che avevano scritto sopra i giornali, ma secondo Ermanno non era mica per quello. La banda del formaggio è la storia di un editore che un giorno sull'autobus prova affetto per il suo cuore che batte, e gli verrebbe da ricominciare. È la storia di un libraio che il delinquente avrebbe voluto farlo come Raskol'nikov, o come il conte di Montecristo, e che ha lasciato a suo nipote, che ancora non c'è, una filastrocca che Ermanno impara a memoria, per lasciarla anche al suo, di nipote, che chissà se mai ci sarà.


«E adesso forse voi, se mai c'è qualcuno, di là, adesso forse voi siete curiosi di sapere cos'è successo davvero, e io, quel che so, io so ancora tre cose, e adesso ve le dico, e poi arrivederci.»
Ma io come faccio a parlarvi de La banda del formaggio?
Giuro che ci penso ormai da settimane. Ci pensavo mentre lo leggevo. Ci pensavo quando l'ho finito. Ho continuato a pensarci quando ho riposto il libro sulla mensola dei libri da recensire nel blog. E poi ho deciso che avrebbe aspettato il suo momento. O meglio, che io avrei aspettato che le parole giuste mi si presentassero improvvisamente e sorprendentemente. Ma non accade così. Le parole le devi cercare, da sole loro non ci vengono. Oggi sono andata a cercarle.
Le ho cercate tra le pagine del libro ma non era facile trovarle. Mi hanno fatto venir voglia di ricominciare. come direbbe Paolo Nori. Riproviamoci.
Il primo impatto con La banda del formaggio è stato spiazzante e mi ha scatenato una reazione del tipo: ma come cavolo scrive questo qui? Seguita da: oddio, ma tutto il libro è scritto così? Sono agli inizi e non lo digerisco, figuriamoci tra qualche pagina.
Ecco, dopo due tre pagine non ne potevo più fare a meno. Dopo due-tre pagine avevo dimenticato la reazione di qualche minuto prima. Paolo Nori scrive (ma forse parla anche? non so, ma secondo me sì) in un modo così colloquiale che dopo poco al lettore non sembra più di star leggendo, ma di star chiacchierando con lui. Lui ti racconta piccoli episodi della sua vita quotidiana: il suo litigio con i proprietari di un supermercato, la sua antipatia verso il genero "illuminista", il suo lavoro di editore dedito a far capire in cosa i suoi libri siano differenti da quelli delle altre case editrici. Il lettore non si sente un semplice ascoltatore. L'impressione è quella di interagire, di prendere parte a un dialogo. Forse perché il modo di parlare di Nori si insinua così a fondo nella nostra mente che iniziamo a pensare come lui, nei suoi toni, nel suo modo così familiare. Un po' come quei motivetti che a volte li ascolti al mattino e non riesci più a liberartene per il resto della giornata: è così la cadenza dell'autore e di questo romanzo. Un ritmo che si ripete e si ripete fino a diventare nostro.
Che poi il romanzo parli della vita di un editore e del suo socio, che si intrecci alle scorribande della famosa Banda del formaggio, che parli di figlie e di futuri nipoti... tutto questo l'ho vissuto come un contenitore. La forza del libro è lo stile, è il modo, è l'atteggiamento, l'ironia, la genialità.
Non è cosa ma è come 
È una questione di stile 
non è di molti ne' pochi ma solo di alcuni 
Mi sono fatta prendere la mano, lo so, ma un po' mi ha ricordato la canzone di Fabi che forse non è che c'entri molto, probabilmente Nori manco la conosce ma nella mia mente si sono un po' intrecciate le due storie, perché il come del romanzo ha avuto la meglio sul cosa.
Mi ero preparata a una storia di libri, librai, editori. Di carta stampata e lettori compulsivi. Di autori navigati e scrittori esordienti. E mi sono ritrovata una storia fatta di ritmo e cadenze, ripetizioni ed espressioni familiari. Una storia ricca di stile.

lunedì 24 giugno 2013

Le leggi della frontiera di Javier Cercas

Titolo: Le leggi della frontiera
Titolo originale: Las leyes del la frontera
Autore: Javier Cercas
Traduttore: Marcella Uberti-Bona
Editore: Guanda
Pagine: 250
Prezzo: €18,00
Data di pubblicazione: 24 Aprile 2013

Valutazione:

Trama
Alla fine degli anni Settanta, in una Spagna che stenta a lasciarsi alle spalle il franchismo e a intraprendere la Transizione democratica, Gerona è una città in cui cominciano a muoversi le bande giovanili. Una frontiera la attraversa, sociale ed etica: al di là del fiume Ter ci sono gli immigrati che vivono nelle baracche, la feccia della feccia. Ignacio Cañas è un ragazzo della classe media, vive al di qua di quel confine, ma il suo lavoro in una sala giochi, insieme all’insofferenza adolescenziale per il conformismo paterno, crea l’occasione per l’incontro che gli cambierà la vita: quello con Zarco, un giovane delinquente dal grande carisma; e con la misteriosa Tere, che da subito lo trascina in una passione struggente e segreta. Questo amore tormentato – su cui aleggia l’ombra del rapporto mai chiarito tra la ragazza e il capobanda – sarà di qui in avanti il filo conduttore delle scelte di Cañas. Tra furti d’auto, scippi, rapine, scorribande in discoteca e droghe varie, per lui e per la banda di Zarco inizia l’estate selvaggia del 1978, destinata a concludersi tragicamente, con morti e arresti. E un sospetto: qualcuno ha tradito. Più di vent’anni dopo Ignacio Cañas, diventato nel frattempo un avvocato importante, riceve la visita inattesa di Tere, la donna che non ha mai dimenticato. È Zarco a mandarla; il detenuto più famoso del paese, ormai circondato da un’aura di eroismo, ha bisogno di lui. L’avvocato accetta di riallacciare i fili che lo legano al passato, sperando di riuscire a ripagare un antico debito, e di poter vivere finalmente il suo amore per Tere alla luce del sole.


«Ogni volta che attraversavo il Ter e l'Onyar per riunirmi con Zarco e con Tere era come se varcassi la frontiera del drago, la frontiera azzurra tra il bene e il male, tra la giustizia e l'ingiustizia. E a ripensarci, un fondo di verità c'era, non trova?»
Cercas io non l'avevo mai letto. Conoscevo il suo nome, qualche titolo incrociato qua e là nelle librerie, ma non era mai finito nella mia personale wish list. Fino a poco tempo era invisibile alle mie attenzioni. Il mio sguardo passava attraverso i suoi libri e andava oltre, come se non fosse contemplata l'idea di poterli leggere. Perché? Non ho una risposta. Semplice indifferenza. Poi succede che vado al Salone del libro a Torino (sempre più galeotto fu questo salone!) e la mitica Fede Librovora nomina il libro (Le leggi della frontiera, appunto) e l'eventualità di un incontro con l'autore. Non aggiunge molto, non si perde in descrizioni, non cerca di convincere nessuno. Sento solo che dalla sua bocca escono parole come Le leggi della frontiera e Cercas. Mille campanelli iniziano a suonarmi in testa, mi appare davanti agli occhi la copertina, già vista e ignorata precedentemente, e Cercas viene spogliato del mantello dell'invisibilità. Da un momento all'altro diventa un autore degno di interesse. Da un momento all'altro il non aver mai letto niente di suo acquista le proporzioni di una profondissima lacuna da colmare il prima possibile.
Mi sono avventata perciò su questo romanzo in maniera fin troppo famelica: volevo leggere, scoprire, capire, volevo che l'autore riassumesse in quelle pagine tutto ciò che mi ero persa fino a quel momento e che mi facesse venire voglia di cercarlo anche altrove. Solitamente, in situazioni del genere, il risultato è deludente: ripongo la massima fiducia in uno scrittore a me estraneo e pretendo che mi sia subito familiare e che sappia comunicare proprio con me. Insomma, non gli rendo il compito facile.
Ma Cercas è stato davvero in gamba con me. Sorprendente come abbia saputo rendersi interessante fin dal primo momento, introducendomi in una Spagna in un'epoca di cui ho sempre sentito parlare ma non ho mai conosciuto fino in fondo, portandomi a contatto con dei personaggi che, fino alla fine del romanzo, mi sono apparsi così veri che sono andata a googlarli chiedendomi se fossero reali e non frutto di fantasia. 
Non mi va di riassumere troppo la trama, che la quarta di copertina svolge ottimamente il suo dovere. Siamo negli anni '70 a Girona, città della Spagna che risente, come tutto il paese, della fine della dittatura franchista. Sono anni di confusione e di assestamento, ed è in questo clima non ancora ben definito che iniziano a nascere le prime bande giovanili. Cercas ci racconta la storia dello Zarco, un personaggio tanto affascinante quanto pericoloso, e di Ignacio, che decide di unirsi a Zarco per sfuggire ai bulli della sua scuola e per rivedere la bella Tere, che si accompagna sempre a Zarco. 
Si passa da un passato di furti e rapine a un presente di prigione e riscatto sociale. 
La storia ci viene raccontata attraverso un'intervista che mira a ricostruire e forse riscattare l'immagine del violento Zarco. Sarà lo stesso Ignacio, ormai avvocato affermato, a rispondere alle domande e insieme a lui anche il poliziotto e il direttore della prigione in cui Zarco fu rinchiuso. 
Non volevo dire nulla e ho detto fin troppo. 
Quel che colpisce fin da subito è la naturalezza della ricostruzione del passato: ogni personaggio ci appare reale, come dicevo poco più su, e ci fa chiedere se sia realmente esistito. Se l'autore abbia voluto raccontarci la storia di qualcuno a lui vicino, ma abbia preferito cambiare i nomi. Questa ricostruzione mantiene il lettore in uno stato di interesse che non cala mai: ci ritroviamo ad affrontare la lettura con la fame di sapere. 
Sapere com'erano quei tempi, com'era essere giovani, com'era vivere al di qua o al di là di una frontiera. Vogliamo sapere come si fa ad accettare di partecipare a furti e rapine, come si fa ad amare chi non sembra fatto per noi, come si fa a crescere e a ritrovare un posto nel mondo che si pensava fosse ormai perduto. 
Non c'è male, non c'è bene. Non c'è giusto né sbagliato: ogni episodio e ogni personaggio sembra contenere entrambe le facce della medaglia. E sembra volerci dire che non ci sono risposte esatte nella vita, ma solo domande. 
E troviamo pagine impregnate di amore, un amore che non riusciamo a inquadrare, che non siamo in grado di riconoscere. E pagine fondamentali sulla lealtà. E sul tradimento. Sull'amicizia mal riposta. Sull'incapacità di cambiare. Sulla necessità di cambiare e crescere. 
Un romanzo storico ma che storico non è, perché Cercas non ama sia definito così. 
Un romanzo introspettivo ma ricco di azione. 
Un romanzo di formazione che non indica quale sia il percorso migliore da seguire. 
Grande scrittore, questo Cercas, è il caso di andarlo a stalkerare un po'. 

domenica 23 giugno 2013

La pazienza dei bufali sotto la pioggia di David Thomas (ma anche nostra)

Titolo: La pazienza dei bufali sotto la pioggia
Titolo originale: La patience des buffles sous la pluie
Autore: David Thomas
Traduttore: Scuola di specializzazione per traduttori editoriali Tuttoeuropa, Torino
Editore: Marcos Y Marcos
Pagine: 160
Prezzo: €13,00
Data di pubblicazione: 21 Marzo 2013

Valutazione:

Trama
Questo libro racconta molte storie in poche righe, perfette per i viaggi in autobus, aspettando un amico, la mattina bevendo il caffè. Sono storie succose, potentissime: per magia si espandono, escono dalla pagina, chiamano proprio te. Donne e uomini assai diversi si fanno avanti uno per uno. Con energia e onestà assoluta, proclamano una speranza, una vergogna, un desiderio, un dolore. Quando sembrano rimproverarti qualcosa, dici no, non sei tu, tu non ti comporti così. Non sei la donna che ha venti uomini all'attivo e ha già adocchiato il ventunesimo, o quella che la notte si abbarbica al suo uomo come a un salvagente, non sei lo scrittore che abbindola le donne con una montagna di balle, l'uomo che non ha ancora trovato un modo dignitoso per infilarsi le mutande. Quando ti confidano di avere idee fisse che ronzano in testa senza mai dare tregua, o di scoppiare di gioia perché finalmente sono rimasti soli, o di non poterne più di essere buffi, ti fanno davvero simpatia. Questi scorci di vita, queste confessioni pulsanti, colgono alla perfezione un certo aspetto di un collega, di tua madre, del vicino. Intanto ti accorgi che il cerchio si stringe. Ti aspetta una storia che c'entra molto con te.


Allora a volte, per rassicurarmi e perché mi rifiuto di combattere inutilmente contro quello che è più grande di me, penso ai bufali delle pianure africane che, quando nella savana si abbatte il temporale, restano ben piantati sulle loro quattro zampe, abbassano la testa e aspettano, immobili, che smetta di piovere.
A volte non è facile essere un certo tipo di lettrice. Quel tipo di lettrice che ha sempre avuto problemi con una particolare forma narrativa: il racconto. I racconti mi davano soddisfazioni quando ero ragazzina e cercavo storie ovunque, accontentandomi degli stralci contenuti nelle antologie di scuola. All'epoca io e il racconto andavamo d'accordo: quelle poche pagine stimolavano abbastanza immaginazione e curiosità e mi spingevano a volerne sapere di più.
Cos'è successo poi? Che mi sono nutrita di romanzi. Tanti, tantissimi romanzi. L'incontro successivo con quegli spezzoni di vita non faceva altro che lasciarmi insoddisfatta: il prima dov'era? e il dopo?
E, soprattutto, ora che si fa? Reagivo al racconto con rabbia. Poi con indifferenza. Fino a decidere di lasciarlo indietro, in un dimenticatoio da cui non l'avrei più recuperato.
Insomma, una reazione da persona matura :P
E allora perché mi sono lasciata incantare dal libro di David Thomas? Perché non ho voluto rinunciare a La pazienza dei bufali sotto la pioggia?
Se volessi darmi un tono potrei dire che volevo darmi l'occasione di riappacificarmi con questa espressione letteraria, ma non è affatto così. Forse i racconti ancora non mi vanno giù, ma sto cominciando a smussare la mia resistenza nei loro confronti. Ho scelto di leggere il libro di Thomas per tre ragioni. Per il meraviglioso titolo, fedele traduzione dal francese, che un bel po' di curiosità la mette. Per i colori della cover e quell'immagine che sembra raccontare già tutto. Perché l'ha pubblicato la Marcos y Marcos, e mi sa che di sviolinate verso questa casa editrice qui sul blog ne ho già fatte abbastanza. Infine perché tra le varie recensioni positive lette in giro, ce ne sono alcune così belle che mi si sono impresse nella mente manco fosse ro parte dei racconti di Thomas (leggetele anche voi qui e qui, ma son sicura che nel web troverete tante altre).
Questi su elencati erano i motivi che mi hanno indotta a sfogliare le pagine. Dopo cos'è successo? È scattato l'incantesimo anche con me, lettrice non amante dei racconti?
Mettiamola così: siete in un prato e trovate una di quelle margheritine dagli infiniti petali. Senza neanche accorgervene vi ritrovate a sfogliare petalo per petalo quel fiore ripetendo meccanicamente "m'ama non m'ama". Forse manco ce l'avete una persona cui rivolgere quel pensiero d'amore-non amore. O forse sì, che anche se non lo si ammette una persona c'è sempre. Ecco, i 73 racconti di Thomas si sfogliano allo stesso modo. Ne leggi uno e m'ama. Leggi l'altro non m'ama. Continui col successivo m'ama di nuovo, che sollievo. Tremi verso la fine, potrebbe accadere che non m'ama. In quelle pagine ci sono io. Ma ci sei anche tu. E c'è pure la persona che ti ama. O quella che non ti ama. E poi ci sono i tuoi amici. I tuoi genitori. Ci sono quegli amici di amici di cui hai sentito parlare. Quelli che non hai più visto. Quelli chissà che fine hanno fatto. E poi ci sei di nuovo tu. E ci sono pagine in cui senti l'amore, altre in cui avverti una tremenda nostalgia, altre che ti fanno sentire spensierato, altre arrabbiato, altre ancora rassegnato. O che ti fanno sorridere. Amare. Annoiare. Certo mentre leggi non ne hai mai abbastanza. Finisci una storia e ne vuoi subito un'altra. Sarà un m'ama o non m'ama? Ci sarò io o ci sarai tu? Mi farai sorridere o innervosire?
Thomas sa incatenarci con efficacia. Non c'è un attimo in cui pensi di voler mollare il libro e passare ad altro. Sono tanti i momenti in cui invece pensi che questo libro non merita di essere posato nello scaffale della tua libreria ma dovrebbe essere sempre a portata di mano, per rileggere una di quelle storie all'occasione.
Sono storie che non ti fanno scervellare su cosa è accaduto prima o cosa accadrà poi: sono istantanee, fermo-immagine di un preciso momento che ognuno di noi è in grado di capire e di riconoscere. Sono amici che ti chiamano per raccontarti il loro stato d'animo, sfogarsi per qualche minuto e poi riprendere il ritmo della loro vita. Sono sconosciuti che approfittano di un estraneo per esprimere quel che hanno vergogna di confessare ad altri. Sono parole che siamo in grado di ritrovare in noi stessi, pensando al nostro passato presente e futuro.
Un piccolo libro che ci fa sentire umani, nel bene e nel male. 

sabato 22 giugno 2013

Imparo il tedesco di Denis Lachaud

Titolo: Imparo il tedesco
Titolo originale: J'apprends l'allemand
Autore: Denis Lachaud
Traduttore: Sergio Claudio Perroni
Editore: 66thand2nd
Pagine: 204
Prezzo: €15,00
Data di pubblicazione: 21 Marzo 2013

Valutazione:

Trama
Ernst Wommel – nato in Francia negli anni Sessanta da genitori tedeschi – fin da bambino si è sentito diverso dagli altri. A lungo ha sofferto di una forma particolarmente acuta di ambliopia – il cosiddetto occhio pigro – che lo ha obbligato a una faticosa riabilitazione. In casa ha sempre convissuto con il silenzio impenetrabile che regnava sul passato tedesco della sua famiglia e nonostante i compagni lo chiamassero «Rommel il Crucco», o «Hitler», Ernst non conosce neanche una parola della lingua materna. E così, alle medie, sceglie il tedesco come seconda lingua e, durante uno scambio culturale con una scuola di Saarbrücken, in Germania, instaura un profondo legame con Rolf Bauer, il suo amico di penna, con cui tra l’altro vive le prime esperienze sessuali. L’indagine sulla famiglia di Rolf – le loro colpe rimosse, il silenzio durante la Seconda guerra mondiale – sarà per Ernst anche il primo passo di un doloroso ritorno alle origini, fino alla scoperta, a Berlino, di un nonno paterno ancora in vita. Procedendo per balzi temporali e attraverso un’alternanza di voci, Imparo il tedesco è il racconto di una sofferta presa di coscienza individuale con la quale l’autore, sostenuto da una lingua al contempo cruda e delicatissima, interroga i passaggi più controversi della memoria collettiva europea.

Recensione
Si dice che le apparenze ingannino, e Lachaud ci inganna più volte con questo libro. 
O forse siamo noi che ci inganniamo pensando possa essere altro, ma a ogni svolta della storia dobbiamo ammettere di esserci sbagliati, perché non è assolutamente come sembra. 
A partire dal titolo: Imparo il tedesco, traduzione letterale dell'originale J'apprends l'allemand
Cosa immagina il lettore leggendo un titolo del genere? (...o forse non immagina nulla?)
La storia che mi sono trovata davanti è andata ben al di là della mia immaginazione, non certo all'altezza di quella di Denis Lachaud. 
Arrivano le prime pagine e già ci si ritrova a inquadrare la storia: un bambino che non riesce ad adattarsi e che ha bisogno di risposte, ha bisogno di conoscere le sue origini. Ecco che immagino questo percorso di ricerca con gli occhi di un bambino, immagino una serie di domande che lo porteranno a una maggiore consapevolezza e maturazione. 
Primo inganno: l'autore non si ferma a ciò che il lettore può prevedere, ma va oltre. 
Approfondisce, arricchisce, analizza, scava. 
Consente al protagonista, Ernst, di compiere un percorso di crescita che passa attraverso l'importanza della memoria, la necessità di avere una patria, il bisogno di non nascondere il passato che porta alla naturalezza dell'accettarsi nel presente. Ernst ci mostrerà il nazismo, i campi di concentramento, il rinnegare il passato e l'accettare la propria omosessualità senza alcuna forzatura. 
Temiamo allora che la storia possa virare verso la drammaticità di chi è riuscito a sopravvivere allo sterminio nazista, ma che ora vuole dimenticare l'orribile esperienza. 
Secondo inganno. Niente è come sembra. 
Attraverso occhi e voce di Ernst il lettore affronta in maniera semplice e spontanea temi universali. La patria (Heimat), il valore della memoria, la scoperta della sessualità. 
Ogni tanto il punto di vista cambia, l'autore passa la palla a quelle persone che entrano in contatto con Ernst e che possono fornirci un modo diverso di affrontare una situazione o ci fanno comprendere come le situazioni si ripetano uguali nel tempo e nello spazio. Di pagina in pagina ci troviamo di fronte alla crescita di un bambino che diventa ragazzo e poi uomo: le sue riflessioni maturano con lui, l'introspezione aumenta e non diventa mai pesante o incomprensibile. 
Denis Lachaud mantiene un tocco leggero affrontando temi pesanti, con uno stile così fluido e scorrevole che ci condurrà verso la fine del libro nel giro di poche ore. 
E solo alla fine, ripensando a tutto il percorso fatto fino a quel punto, possiamo capire il senso del titolo. 
Ernst Wommel, nato in Francia da genitori tedeschi, impara il tedesco: impara a conoscere se stesso attraverso le sue origini. Impara a conoscere l'altro, attraverso il suo primo amore, un ragazzino tedesco, con cui apprenderà anche la fisicità del sentimento. Impara a conoscere un passato nascosto e rinnegato, che affonda la propria verità nella Germania nazista. Imparare il tedesco diventa ricordare, accettare, crescere. 
E noi lettori ci ritroviamo a imparare il tedesco assieme a lui, attraverso le sue esperienze. Ma una domanda  continuerà a risuonarci nella mente nei giorni successivi: A quanti anni credi si abbia il diritto di giudicare i nazisti?
Ai lettori di Lachaud il tentativo di trovare la giusta risposta a questo interrogativo. 

venerdì 14 giugno 2013

La schiuma dei giorni: sulle montagne russe con Boris Vian

Titolo: La schiuma dei giorni
Titolo originale: L'écume des jours
Autore: Boris Vian
Traduttore: Gianni Turchetta
Editore: Marcos y Marcos
Pagine: 272
Prezzo: €14,50


Valutazione:



Trama
La storia parte da questa Parigi in cui Vian si muove con grande disinvoltura, una Parigi che sente magica e contribuisce a far sentire, attraverso l’amore anche più magica. Il protagonista è un certo Colin, un giovane riccastro, dotato di tanto di cuoco, un cuoco dall’aria nobile, molto colto e aggiornato su tutta la linea, che si innamora perdutamente di una ragazza esile e tenera, di nome Chloé. La incontra a una festa, e le dà un appuntamento per il giorno dopo, ma non sa bene che raccontarle. Colin ha un amico carissimo, cui presta un pozzo di soldi, o meglio un pozzo di dobloncioni, che l’amico sperpera per tener dietro alla propria maniacale passione; collezionare tutte le opere, in tutte le varianti, rilegature e allestimenti, di Jean-Sol Partre. Colin decide di sposare Chloe, e investe un capitale per la cerimonia. Con l’aiuto di Chick, del cuoco Nicolas e di una banda di prezzolati, tinteggiano con colori piuttosto chiassosi l’interno di una chiesa, ed ingaggia una banda di jazzisti per celebrare al suono delle musiche di Duke Ellington il proprio matrimonio. Ma ingaggia pure una serie di comparse che fanno spanciare dal ridere, tra cui brilla una coppia di omosessuali vestiti in modo sfarzoso. La cerimonia viene celebrata da un arcivettovo, a assistito dallo fiffero e dallo spancino. La storia d’amore fra Colin e Chloe prende quota, e i due partono per il viaggio di nozze. Alla coppia, si unisce l’immancabile cuoco Nicolas… Intanto, a Parigi Jean Sol Partre tiene una conferenza, a cui sembra voglia partecipare il mondo intero. Poi, la esile Chloè si ammala, e le cose si mettono piuttosto sul triste…
La schiuma dei giorni, anche se sostenuta a spada tratta da Raymond Queneau, che lo candida al prestigioso premio della Pleiade, non riesce a vendere più di 1.500 copie.



Io amo le montagne russe.
Prima di provarle, da piccola, le temevo. Pensavo fossero un percorso spaventoso da cui si poteva uscire solo urlando a squarciagola per la paura. Poi le ho provate ed è nato l'amore.
Andrei nei parchi giochi solo per fare giri sulle montagne russe a ripetizione. Il mio amore per questa incredibile giostra non è condiviso da mio marito, che al contrario di me le odia. Di fronte a esse, le nostre strade si separano momentaneamente: io salgo, lui resta a terra.
Le montagne russe provocano reazioni così forti da spaccare il mondo in due: una parte prova pura eccitazione, l'altra puro terrore.
La schiuma dei giorni è stato un grandioso giro sulle montagne russe che non potevo non apprezzare.
Una lettura che ci acchiappa e ci fa volare alto, che all'improvviso frena bruscamente, che sale piano per poi buttarsi giù in picchiata, e poi di nuovo è tutto un frenare, svoltare, accelerare, capovolgere. Si diventa un frullato di sensazioni.
Il mio giro tra le pagine di Boris Vian è stato qualcosa di inaspettato e folle. Si girano le pagine senza sapere cosa accadrà in quella immediatamente successiva: l'autore frenerà o accelererà? Ci sarà una ripida discesa o una lenta salita? Quando si crede di essere entrati lentamente nella storia e di riuscire a seguirne il filo conduttore, ecco che improvvisamente il mondo è sottosopra e non sappiamo se siamo noi, se sono le pagine, se è Vian. La schiuma dei giorni (che poi, non lo trovate un titolo stupendo? A me fa venire in mente la bellezza delle piccole cose, della quotidianità, dell'ordinarietà. E al tempo stesso mi fa pensare alla fugacità, all'impossibilità che tutti i giorni siano spumeggianti. Basta questo titolo a far capire che il romanzo nasconde un mondo intero di riflessioni dietro le parole stampate) è un giro bendati, un giro che siamo pronti a intraprendere solo se lasciamo fuori diffidenza e voglia di analizzare. È un romanzo che ha bisogno della fiducia del lettore: mettiamoci nelle mani di chi l'ha scritto e lasciamo che ci porti ovunque voglia.
E fidatevi, ci porterà in un mondo assurdo e fiabesco, ma al contempo realistico e duro.
Ci farà conoscere l'amore vero e la sofferenza.
Ci farà assaporare cibi speciali e gustare cocktail musicali.
Ci farà scoprire la noia del lavoro, ma il bisogno dello stesso.
Ci darà libertà e prigionia, passione e dolore, vita e morte.
E lo farà in maniera surreale. Onirica. Ci sembrerà di essere assaliti da suoni e colori. Ci abbaglierà. Se non vogliamo esserne rapiti, c'è bisogno di distacco, c'è bisogno di occhiali da sole. Fino a un certo punto. Poi quei colori scompaiono, i toni si abbassano: quando la giostra sta per terminare il suo giro, tutto diventa grigio. Spento. Morto.

Io non riesco a raccontarvi questo libro, non riesco a parlarvi dell'amore di Colin e Chloé.
Un lui in cerca dell'amore. Una lei arrangiata da Duke Ellington.
Due innamorati che si ritrovano a passeggiare a bordo di una nuvola.
Una casa che si adatta ai loro stati d'animo. Un amore fiabesco. Ma anche tanto realistico. Una storia meravigliosa e folle, che diventa indimenticabile solo se trasformata in tragedia.

Ma non è solo la storia di un amore. C'è altro. Lo spiega benissimo Pennac in un'intervista alla fine del libro stesso quando dice che il libro può essere letto più volte nel corso degli anni traendone impressioni e suggestioni diverse. A diciott’anni prevale la griglia della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo della tragedia che tutto annulla. 
A me sembra di averle provate tutte, di aver vissuto queste pagine da diciottenne, da quarantenne, da sessantenne. E di averlo amato per ogni suggestione.
Quando si scende dalle montagne russe, se le si è amate, si è gasatissimi. E un po' tristi perché il giro è già finito. Un mix di esaltazione e disperazione. Di euforia e tristezza. E se la testa gira e lo stomaco è in subbuglio, si è contenti comunque di aver vissuto quell'esperienza.
Così è il romanzo, così la vita. Degno di essere letto e degna di essere vissuta anche se a un certo punto termina, e non come o quando vorremmo. 
Che capolavoro! 





lunedì 10 giugno 2013

Recensione: Dal ventre della balena di Michael Crummey

Titolo: Dal ventre della balena
Titolo originale: Galore
Autore: Michael Crummey
Traduttore: Annamaria Bivasco e Valentina Guani
Editore: Neri Pozza
Pagine: 384
Prezzo: €18,00
Data di pubblicazione: 9 Maggio 2013

Valutazione:


Trama
La prima volta che Mary Tryphena incontra il «Grande Bianco» non può sapere che quell’uomo nudo, puzzolente e dalla pelle chiarissima, diventerà suo marito. Mary è solo una bambina e l’unica cosa che le interessa è l’enorme balena che si è appena spiaggiata sulle coste del suo villaggio. È aprile, il giorno della festa di San Marco, ma il ghiaccio non accenna a sciogliersi. Gli orti marciscono sotto la pioggia incessante e i pescherecci tornano vuoti. In una tale carestia, quell’animale morente non può che essere un dono di Dio. Gli abitanti aspettano che la balena muoia per spartirla equamente, quando King-me Sellers si presenta in spiaggia dicendo che l’animale si è arenato sulla sua proprietà e perciò a lui spettano l’intero fegato e otto botti d’olio. Mentre per risolvere il contenzioso si attende l’arrivo della Vedova, matriarca temuta e rispettata, dotata di poteri soprannaturali, la balena muore e i pescatori si armano di coltelli, accette e seghe, scalano il dorso del leviatano e prendono a tagliarne le carni e a raccoglierne il grasso. Hanno appena iniziato quando sulla spiaggia risuonano le grida di un ragazzo: nel ventre della balena c’è un uomo nudo, dalla pelle chiarissima, che puzza di pesce marcio. Inizia così un racconto epico e ipnotico che schiude davanti ai nostri occhi il mondo del Newfoundland, in Canada, a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un mondo magico e spietato in cui due villaggi confinanti, Deep e Gut, con le loro due famiglie – da una parte i Sellers, protestanti di origine inglese, dall’altra i Devine, pescatori irlandesi cattolici – si combattono da decenni, per un motivo che ormai pochi ricordano ancora. Neppure il singolare ritrovamento del «Grande Bianco», un uomo che pare non invecchiare e che, novello Messia, porterà benessere e abbondanza in una terra dimenticata da Dio, eviterà che i vecchi rancori tra la Vedova e i Sellers tornino a galla e trascinino tutti in un vortice inarrestabile. Narrato da uno dei più grandi scrittori canadesi contemporanei e già paragonato a Cent’anni di solitudine di Márquez e a L’urlo e il furore di Faulkner, Dal ventre della balena è un romanzo popolato da fantasmi e creature magiche che racconta l’eroismo e il fallimento di una comunità di immigrati, e l’insondabile malvagità che si annida in ogni famiglia.


Recensione
Entrare nel mondo raccontato nel romanzo di Crummey è stato per me un tuffo nel passato. Nel mio passato. Indipendentemente dal fatto che la storia si svolga in un'altra epoca, in un secolo distante da noi e anche in un continente lontano, il mio viaggio principale è stato nella mia storia di lettrice.
Ho fatto un balzo di una quindicina di anni, forse, non riesco a ricordare il periodo esatto. Però posso dire con certezza che ho fatto un salto che mi ha riportato al mio primo arrivo a Macondo. Ero lì con la piccola Mary Tryphena lungo la spiaggia di Paradise Deep e mi sembrava di ritrovarmi al cospetto della famiglia Buendìa. E il primo incontro con Aureliano Buendia per me fu ipnotico.
Cent'anni di solitudine è stato uno di quei romanzi che hanno segnato il mio percorso di lettrice, uno di quei romanzi che mi sono ritrovata a ringraziare per la loro esistenza, per la loro essenza. Dal ventre della balena mi ha fatto ricordare quelle sensazioni, quella voglia che avevo di sfogliare le pagine per scoprire cosa sarebbe accaduto e a chi, quel desiderio di prolungare la mia permanenza presso la famiglia Buendia.
Con questo non voglio assolutamente dire che Crummey abbia copiato, plagiato o cercato di imitare il capolavoro marqueziano, assolutamente. Lo considero come un omaggio a un'opera meravigliosa.
L'autore ha creato un romanzo originale, dando vita a una saga familiare dai toni tipici di quel genere letterario che è il realismo magico. Una saga familiare che la Allende e Marquez ci hanno insegnato a ritrovare nei paesi sudamericani, e che invece qui si svolge nel freddo Canada.
Una storia che inizia con dei personaggi e che prosegue con i loro figli, nipoti e pronipoti.
Generazioni che devono sopportare il peso e i contrasti di chi è vissuto prima di loro, lasciando un'eredità di pregiudizi e rancori.
Amori sbagliati, figli rinnegati, rimpianti eterni. Di padre in figlio la storia si ripete, con nuovi errori e vecchi rancori.
Personaggi cattivi che non troveranno mai redenzione, amori impossibili che non vedranno mai la felicità, dissapori che non avranno mai possibilità di trovare una soluzione: se volessi provare a riassumere questa storia, non riuscirei a farlo senza sottolineare il mancato lieto fine per ogni personaggio.
Non c'è riscatto, non c'è pace, non c'è felicità per i personaggi che attraversano le quattrocento pagine del libro.
Se provassi a dare un senso a ciò che ho letto, potrei pensare che l'autore non crede nel genere umano, nella possibilità di perdono, ma è convinto che i figli non facciano altro che scontare le colpe dei padri. Eppure. Eppure tutto il romanzo è permeato da momenti di fede. Da continue possibilità di redenzione. Dalla volontà dei figli di non seguire il percorso dei genitori, ma di allontanarsene e vivere una vita diversa, migliore.
E al centro di tutto, silenzioso e calmo, c'è Giudeo Devine.
Giudeo che è uscito dal ventre di una balena e che non ha mai parlato. Giudeo, la cui presenza basta a dare nuova fiducia agli abitanti di Deep. Giudeo, tanto inquietante quanto miracoloso. La sua presenza è un punto fermo: il suo silenzio e la sua mancanza di azioni donano tranquillità e speranza al lettore. Ci ritroviamo a cercarlo tra le pagine, a immaginare quale sarà la sua ultima azione, o quale sarà la sua prima parola, se mai ce ne sarà una, ci domandiamo come salverà quella che è diventata la sua gente. Non ci chiediamo chi sia, com'è arrivato lì, da dove è venuto. Lo accettiamo come l'hanno accettato gli altri: come un miracolo destinato a diventare parte naturale della comunità.
So che il mio racconto finora ha detto poco, forse niente. Dal ventre della balena mi parla ancora per immagini, per sensazioni. Mi fa venir voglia di continuare a immergermi in quelle pagine e scoprire cosa ne è stato delle generazioni successive. Mi fa venir voglia di prendere quell'albero genealogico che è a inizio libro e studiarmelo, fotografarlo mentalmente, mandarlo giù a memoria. Una volta imparato, allora rileggere il libro per capire meglio, per non sperdermi tra un nome e l'altro, tra una marea di personaggi tutti collegati ma difficile da inquadrare.
Questa è una storia che fa venir voglia di approfondire, di studiare, di continuare. Di trovare altre pagine dopo l'ultima.
Ti mette in moto, ti vuole vedere in azione. E non si fa dimenticare.

sabato 8 giugno 2013

Uscite (interessanti) del mese di giugno

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Mi sono resa conto di aver fatto passare un mese senza recensire ma leggendo tanto tantissimo.
Un mese intero di nuove scoperte letterarie, soprattutto grazie al Salone del libro, e di letture soddisfacenti, di cui - continuo a giurare a me stessa - presto vi parlerò ma sono ancora in fase pigra. O meglio le mie dita sono in fase pigrizia, perché per ogni libro letto la mia mente elaborava immediatamente una recensione - mentale, per l'appunto - esaltandosi per i contenuti e complimentandosi con se stessa per la scelta. Cercherò di rendere partecipi anche voi, perché sono tutti libri che meritano di essere conosciuti, diffusi, mostrati, magari urlati per il web.
Nel frattempo mi limito a mostrare alcune interessanti uscite di giugno. Non so quanto cercherò di accaparrarmele: a maggio ho davvero esagerato con l'acquisto dei libri. E qui da me non esistono biblioteche, perciò non posso neanche accontentarmi di un benedetto prestito. Mi limiterò a elencarle, guardare la cover, leggere la trama, spaventarmi per il prezzo e mettere via il pensiero. Magari mi illudo di resistere, per questa volta.
Al primo libro che vi mostro qui giù, però, devo già dire che non ho resistito: ho letto tutti i libri della Murail, trovo che sia una scrittrice perfetta per un pubblico giovanissimo, e aspetto sempre con ansia l'uscita di ogni suo nuovo libro. Insomma, ai suoi non posso rinunciare, perciò Miss Charity è già nelle mie mani, e si prospetta diverso dai suoi soliti romanzi. (Spero non si riveli una delusione.)
Ci sono poi i libri dell'Astoria. (Miss Julia dice la sua e una nuova avventura di Agatha Raisin). 
Che delizia, quei libri. Conto di procurarmeli tutti prima o poi. Sono arrivata al punto che quasi non m'interessa il titolo né la trama: so già che sono nelle mie corde. E nel caso in cui non lo fossero, li perdonerei. A loro è concesso. (Sì, ho delle sfacciate preferenze e non l'ho mai nascosto).
Ecco poi tre libri Neri Pozza, tutti e tre affascinanti, La terra del sacerdote, Il mondo di Belle, Il collezionista di piccole cose: se dovessi scegliere, se dovessi prenderne solo uno non saprei decidermi. E poi, se si tratta di una lista desideri, perché scegliere? Che vengano aggiunti tutti, che lo spazio è infinito! 
Un romanzo che vorrei invece leggere subito, che non vorrei aggiungere in lista ma direttamente negli scaffali della mia libreria, è quello di Corinne Atlas, Le sorelle ribelli. Una storia incentrata su movimenti studenteschi ed emancipazione negli anni '70, presentata da una copertina davvero davvero bella. Mi sa che questo lo sposto mentalmente in cima.
La penultima fine del mondo mi ha colpito per la trama particolare che un po' mi ha ricordato Saramago. Forse poi il romanzo non avrà nulla a che vedere con Le intermittenze della morte, ma il richiamo avvenuto nella mia mente è bastato a far scattare l'interesse verso questa autrice. Nel caso le diate un'occasione prima di me, fatemi sapere, mi raccomando.
Romanzi che aspettavo da un po' sono Apprendista per caso di Vikas Swarup, di cui ho già letto e apprezzato i due romanzi precedenti,  usciti entrambi per Guanda (per chi non lo conoscesse, Swarup è l'autore di Dodici domande, il romanzo da cui è stato tratto il film premio Oscar The millionaire) e NW di Zadie Smith, della quale avevo letto Denti bianchi ma, ahimé, non l'avevo apprezzato. Col senno di poi temo di averlo letto nel periodo sbagliato, ma visto che non me la sento di rileggere qualcosa che mi ha annoiata una volta, vorrei darle un'altra chance e questa potrebbe essere l'occasione giusta.
Da segnalare poi il nuovo romanzo di Lisa Gardner, A chi vuoi bene, quinto thriller della serie Detective D.D. Warren. Mi sto chiedendo perché la Marcos y marcos abbia pubblicato solo il terzo e il quinto invece di procedere in ordine. Possiedo già La vicina (volume appartenente alla serie) ma al momento avrei voglia di tenerlo in stand-by finché non verrà pubblicato il primo volume. Anche se scollegati e autoconclusivi, a me piace leggere le storie come sono state concepite nella mente degli scrittori e non in quella di chi le pubblica. 
E infine, ultimo ma non ultimo, Volare sott'acqua. Racconti per chi non ha tempo di leggerli. Non amo i racconti, l'ho detto e ribadito spesso. Mi sfuggono dalla mente, si dissolvono pochi istanti dopo averne terminato la lettura. Ma questi si presentano in maniera carina e geniale. Mi fanno venir voglia di leggerli. E poi questa giovane casa editrice, Liberaria, sta seguendo una linea editoriale davvero fresca e originale. Quindi, forza Fabio Lubrano, diamogli tutti un'occasione.
Chiudo qui. So di aver saltato qualche titolo: magari dategli un'occhiata e provate a scoprire perché è stato da me inserito tra le uscite più interessanti del mese. 
Buone letture a tutti, mi ritiro a concludere la mia.


Miss Charity
Marie-Aude Murail
Charity è una bambina. E' come tutti i bambini, piena di curiosità, assetata di contatti umani, di parole e di scambi. Vuole creare e partecipare alla vita del mondo. Purtroppo, però, una ragazzina della buona società inglese dell'800 deve tacere, non mostrarsi troppo, salvo che in chiesa. Gli adulti che la circondano non fanno attenzione a lei, le sue sorelline sono morte. Allora Charity si rifugia al terzo piano del suo palazzo borghese in compagnia della servitù. Per non morire di noia, alleva dei topini nella nursery, veste un coniglietto, studia dei funghi al microscopio, impara Shakespeare e disegna incessantemente dei corvi, con la speranza che un giorno succeda qualcosa... Così comincia la vita di Charity Tiddler, ragazzina prima e donna poi che fa della libertà un principio di vita e in nome di questa sovverte tutte le regole borghesi della vita vittoriana. Una storia senza tempo, un omaggio a Jane Austen e alle sue sagaci e libere eroine.
Edizioni Giunti. €12,90. 5 giugno


Agatha Raisin e la sorgente della morte
M.C. Beaton
Delusa per l’ennesima volta da James, che a Cipro l’ha addirittura abbandonata, Agatha torna a casa depressa e apatica. Cerca di distrarsi partecipando alle riunioni delle Dame di Carsely, ma anche lì non trova nulla che la interessi. Si dibatte, infatti, della proposta che l’azienda idrica appena fondata ha fatto al consiglio comunale di Ancombe, un villaggio vicino, e cioè di prelevare giornalmente l’acqua della sorgente del posto, dietro pagamento. Nel consiglio ci sono due schieramenti opposti, chi pensa sia bene accettare, perché il comune incassa dei soldi e non si fa del male a nessuno, e chi sostiene che sarebbe un’indegna commercializzazione di un bene comune… Agatha trova tutto ciò piuttosto noioso, fino a quando, su richiesta del suo vecchio amico-nemico Roy Silver, decide di curare il lancio dell’azienda idrica. E appena presa la decisione, s’imbatte nel corpo del presidente del consiglio comunale proprio sotto la sorgente. Era piuttosto anziano, il morto: è scivolato e ha battuto la testa o qualcuno lo ha ucciso? Agatha si mette a investigare: riuscirà a ottenere l’aiuto di James e a riprendere in tal modo la loro relazione?
Edizioni Astoria. €16,00. 5 giugno


Le sorelle ribelli
Corinne Atlas
Jeanne, Brigitte ed Elsa fuggono dal paesino natio nel sud della Francia alla volta della capitale per inseguire i loro sogni di ragazze degli anni ‘70. La prima è animata dal desiderio di emancipazione tipico della sua generazione, la seconda rifiuta di conformarsi all’ideologia femminista allora nascente e spera di incontrare a Parigi il marito ideale, mentre la più piccola è convinta di avere un certo talento letterario ed è determinata a realizzarsi come scrittrice. Tre spiriti ribelli a cui la vita riserverà molte sorprese, in un viavai di personaggi e di ricordi che scandiscono il racconto della grande Storia dai movimenti studenteschi all’elezione di Mitterrand, dalla caduta del muro di Berlino fino all’attentato alle torri gemelle.
Edizioni E/O. €18,00. 5 giugno



La ragazza del treno d'oro
Ayelet Waldman
Maine, 2012. Jack Wiseman sta morendo di cancro, e sua nipote arriva da New York per assisterlo durante le ultime settimane di vita. Trent’anni, una massa di riccioli ramati e un’indole impulsiva, Natalie sembra aver perso la bussola dopo il divorzio dal marito Daniel, f ino a licenziarsi dallo studio legale in cui lavorava. Qualche giorno prima di morire, però, il nonno le af f ida un incarico che sembra risvegliare in lei il desiderio di mettersi in gioco: riconsegnare al legittimo proprietario un ciondolo di cui era entrato in possesso alla f ine della Seconda guerra mondiale. Quando, giovane tenente dell’esercito americano a Salisburgo, aveva ricevuto mandato di proteggere un treno carico di beni degli ebrei ungheresi sottratti dai nazisti durante l’Olocausto. Comincia così un viaggio tra presente e passato fatto di segreti, inganni e amori, nel quale sf ilano un’impetuosa ragazza sopravvissuta ad Auschwitz, la f iglia di una ricca famiglia di Budapest impegnata nella lotta per il diritto di voto alle donne, una suf fragetta minuscola di statura e grande di spirito, l’epopea tragica e piena di speranza degli ebrei tra l’Europa centrale e la Palestina. Con La ragazza del treno d’oro Ayelet Waldman riesce nell’impresa semplice e dif f icilissima di raccontare una storia avvincente, ricca di emozioni e di personaggi memorabili.
Edizioni Rizzoli. €19,00. 5 giugno


La penultima fine del mondo
Elvira Seminara
In un piccolo paese dell’isola la gente comincia a morire, lanciandosi da balconi e scarpate: nessuno ha un motivo apparente, ma tutti un vago sorriso. I casi ormai non si contano e la stampa internazionale si riversa nella cittadina per documentare gli eventi. Quando, nel timore di un’epidemia planetaria, si spegnerà il faro dell’attenzione, gli abitanti resteranno soli e smemorati a sprofondare nel regno delle ombre. Non soli del tutto, però. È rimasto in paese uno scrittore di gialli per affrontare il mistero di quei suicidi felici. Un noir metafisico e visionario, la distopia di una società deperibile in questo nuovo romanzo di Elvira Seminara.
Edizioni Nottetempo. €11,00. 6 giugno




L'artista
Gabriele Romagnoli
Il sedicenne Remo Gualandi sta per essere fucilato dai nazisti "senza neanche avere addosso un paio di mutande vere". Solo l'intervento di un misterioso deus ex machina, l'Artista, sottrae il giovane al suo destino, ma a un prezzo insopportabile: la perdita di Marta, amore che inseguirà per il resto della sua vita. È questa "la storia più bella" che Remo racconta al figlio anni dopo, nella Bologna del 1964, alla vigilia dello storico spareggio con l'Inter che consegnerà alla squadra cittadina il suo settimo e ultimo scudetto. E mentre nell'Italia del boom economico ogni sogno sembra realizzarsi, l'esistenza apparentemente normale dei Gualandi è sconvolta da una sequenza di eventi drammatici nei quali l'Artista gioca sempre un ruolo cruciale. Perché? Cosa lo spinge ad aiutare Remo e il figlio? Interrogativi che affiorano in un commissariato di polizia e che troveranno risposta solo tredici anni più tardi, in una città ferita dalle rivolte studentesche. Gabriele Romagnoli, impareggiabile nel descrivere i personaggi nel momento in cui un evento drammatico li trasforma, con questo suo trittico generazionale ci inchioda alla più urgente delle riflessioni: per riappropriarsi della propria storia è necessario "assumersi la responsabilità di tutta la vita che si è avuta alle spalle".
Edizioni 66thand2nd. €16,00. 6 giugno


Il collezionista di piccole cose
Jeremy Page
In una ventosa mattina d’aprile del 1845, il giovane Eliot Saxby, collezionista di piccole cose – uova di uccelli introvabili, animali estinti e altri reperti del passato –, si imbarca sull’Amethyst, un brigantino a tre alberi all’ancora nel porto di Liverpool. La nave è diretta all’Artico, dove Saxby conta di entrare in possesso di qualche resto – un becco, una zampa o qualsiasi altra cosa da serbare in una teca – di alca impenne, un uccello di notevole dimensione inabile al volo e probabilmente estinto da quando i cacciatori hanno preso stabile dimora nelle terre del Nord. La ciurma carica le scorte, molla gli ormeggi e, nell’istante in cui l’Amethyst abbandona la banchina del porto di Liverpool, Eliot Saxby avverte un brivido gelido corrergli lungo la schiena. Col senno di poi, si chiederà se quello sia stato il primo avvertimento, la premonizione di un viaggio maledetto e fatale. L’equipaggio e i passeggeri sono stranamente assortiti e non tardano a svelare la loro natura. Il capitano Sykes, basso e grassoccio, con una giubba pesante abbottonata fino al collo e due ciuffi di capelli biondi e ispidi ai lati della testa, ha l’aria di un furbo, enigmatico vagabondo. Il signor French, il suo secondo, schiena diritta, colletto rigido e portamento perennemente impettito, è troppo cerimonioso per riuscire a fugare i dubbi sulla sua persona. Edward Bletchey, il giovane dandy che si aggira sul ponte coi suoi abiti sgargianti e i capelli lucidi di un biondo rossiccio acconciati alla moda in lunghi boccoli, ha modi impeccabili, ma un bagliore fugace e furtivo negli occhi. E, infine, sua cugina, la bella, eterea Clara, elegante nei suoi abiti di broccato di seta color oro, sfugge troppo gli sguardi degli altri passeggeri per non suggerire il disagio di trovarsi, lì, su quel brigantino. La ciurma è nervosa, una donna a bordo, benché delicata e attraente, è chiaro auspicio di sventura. Eliot Saxby, invece, osserva la giovane e gli sembra di riconoscere in lei una persona incontrata molti anni prima. I fantasmi del passato si accalcano sull’Amethyst, come clandestini silenziosi che reclamano spazio e voce. Quanto più la nave si addentra tra i ghiacciai dell’Artico, dove i confini del mondo noto sembrano svanire e le regole della civiltà non avere più senso, tanto più i destini dei singoli passeggeri si mostrano uniti da sorprendenti, inaspettati legami.
Edizioni Neri Pozza. €17,00. 6 giugno


L'avventura di scrivere romanzi
Javier Cercas e Bruno Arpaia
Che cosa vuol dire, oggi, scrivere romanzi? Quando due amici come Javier Cercas e Bruno Arpaia, che sono anche scrittori, si mettono a chiacchierare, si parla di narrativa, di gusti letterari, di ispirazione, di metodi di lavoro, ma anche della vita. Della vita e dei sentimenti che si riflettono nei libri e nei romanzi, della Storia e delle storie che si intrecciano, degli amori e delle amicizie, del Male che è dentro di noi e della dignità umana, della verità e della menzogna, della realtà e del tentativo di afferrarla. Un coinvolgente viaggio nell’universo dello scrittore spagnolo, ma soprattutto nelle passioni che lo spingono a «scrivere romanzi sull’avventura di scrivere romanzi».
Edizioni Guanda. €12,50. 6 giugno


NW
Zadie Smith
Prendi il quartiere a nord-ovest di una città. Prova ad attraversarlo, molte volte, fino a sentirlo familiare. Prova a conoscere i suoi abitanti: ci troverai gente che da quelle parti è nata e cresciuta e altri che si sono appena trasferiti, gente che sta dalla parte del potere e gente che non ne ha un briciolo, uomini che vivono in un posto speciale e uomini che un posto nemmeno ce l'hanno. E poi troverai tutti gli altri, quelli che stanno nel mezzo. Ogni città è così. Un mucchio di persone che vivono gomito a gomito, restando mondi separati. Ma fai attenzione, se guardi meglio verso il quartiere a nord-ovest, ti accorgi che ci sono anche uomini che capitano da quelle parti come un'apparizione, estranei che spuntano dal nulla e attraversano il confine, senza avvisare nessuno, senza permesso, e la loro semplice presenza rischia di sconvolgere l'intero sistema. Così accade un pomeriggio d'aprile, quando una sconosciuta si presenta alla porta di Leah Hanwell in cerca d'aiuto, obbligandola a uscire dal suo isolamento... Zadie Smith la segue, segue a nord-ovest quattro londinesi - Leah, Natalie, Felix e Nathan - e il loro tentativo di costruirsi una vita da adulti al di fuori di Caldwell, il quartiere popolare della loro infanzia. Dalle case ai parchi, dagli uffici ai pub, la loro Londra è un posto complicato. Un luogo meraviglioso ma anche crudele, dove le strade principali celano un labirinto di vie nascoste e dove imboccare la strada maestra a volte può condurre a un vicolo cieco. Con intelligenza ed eleganza, Zadie Smith crea un intenso, ironico intreccio di voci, mentre scava nei rapporti familiari, nelle differenze di classe, nel valore dell'amicizia e dell'amore. Come e meglio del suo romanzo d'esordio, NW è un grande romanzo di epica metropolitana, il ritratto vitale e volubile della nostra contemporaneità.
Edizioni Mondadori. €18,00. 7 giugno


Apprendista per caso
Vikas Swarup
Sapna Sinha è una giovane donna indiana che ha interrotto gli studi letterari per mantenere la famiglia dopo la morte del padre. Viene contattata da un magnate dell'industria, che ha visto nel suo sguardo "la giusta combinazione di determinazione e disperazione" e che le propone di lavorare per lui come dirigente a un patto: che superi sette prove, sette "life tests" che saggeranno la sua persona, il suo coraggio, la sua onestà, la sua indipendenza in modo a dir poco inedito. Cominciano così le avventure di Sapna, che la porteranno a confrontarsi con le mille sfaccettature di se stessa e del suo affascinante e contraddittorio Paese.
Edizioni Guanda. €18,50. 13 giugno



La terra del sacerdote
Paolo Piccirillo
È notte e la ragazza corre nella campagna buia piú veloce che può, senza voltarsi indietro. È finalmente riuscita a scappare dalla gabbia in cui la vecchia la teneva prigioniera. Il vento gelido le taglia la faccia e la terra brulla i piedi, ma quasi non se ne accorge, perché il dolore delle doglie la rende insensibile a tutto il resto. La ragazza si accascia, urla e partorisce, ma a quell’urlo di dolore ancestrale non segue alcun pianto che annunci la vita. Lascia il bambino morto sotto un albero e prosegue fino a un fienile dove spera di potersi nascondere e riposare. La ragazza non lo sa ma la terra su cui sta cercando rifugio è conosciuta da tutti come “la terra del Sacerdote”. Agapito è un uomo burbero e solitario, arido e secco come la sua terra, violento e duro come l’inverno degli Appennini. Tanti anni prima aveva provato a fuggire la povertà della sua terra, il Molise, emigrando in Germania; lí era divenuto sacerdote ma ormai di quel saio e della promessa fatta prendendo i voti è rimasto solo un soprannome. Dalla Germania è tornato con un segreto troppo grande e ha barattato il suo silenzio con la terra su cui vive. Una terra maledetta che non dà frutti, morta come la sua anima. Quando Agapito scopre la ragazza nascosta nel fienile si trova di colpo al centro di un affare molto piú grande di lui; la ragazza è un’immigrata clandestina, portata con l’inganno dall’Est dell’Europa e costretta a ripagare il passaggio in Italia in modo disumano: rinchiusa come un animale in gabbia e utilizzata per partorire figli da destinare all’adozione o al traffico d’organi. Agapito è incuriosito da quella ragazza, tanto strana da riuscire addirittura a far crescere qualcosa sulla sua terra e decide di non mandarla via ma di subentrare ai precedenti “carcerieri” mettendo a disposizione della malavita la sua casa e la sua proprietà come “allevamento” per questa e altre ragazze. Da quel momento Agapito si troverà di nuovo chiamato a fare i conti con le proprie scelte e con la propria anima, o almeno con quell’unico briciolo non ancora barattato con il pane e la sopravvivenza quotidiana. Alla fine proverà a salvare una vita e non a toglierla, come accadde in Germania, provando a dare tutto se stesso per amore di qualcun altro. Le regole del potere però sono antiche e le persone vivono da troppo tempo piegandosi alla legge del piú forte. È cosí che una storia di sopraffazione e violenza non può trovare uno sbocco pacifico solo attraverso una redenzione personale: anche la fede in nuove possibilità deve sanguinare e lottare.
Edizioni Neri Pozza. €16,50. 13 giugno

Volare sott'acqua. Racconti per chi non ha tempo di leggerli 
Fabio Lubrano
Volare sott’acqua è una raccolta di racconti tragicomici, pungenti, imprevedibili: storie che raccontano brevi e brevissimi scorci di vita quotidiana come fulmini a ciel sereno. L’eccezionalità (dell’amore, della vita, dei sentimenti privati) diventa la regola. I personaggi si ritrovano in situazioni diverse (l’inizio e la fine di un amore, un incontro casuale, stress lavorativi, litigi di famiglia) che la rapidità della scrittura di Lubrano cattura con un tono sempre garbato. La vita è difficile, ma basta poco per renderla più leggera, basta l’amore: “Qual è l’emozione più pura che hai provato?” gli chiese lei, un pomeriggio. Gianni non era sicuro di aver capito bene il senso della domanda. “Per pura intendo un’emozione libera da qualsiasi altro sentimento”, spiegò Silvia, “un’emozione che non nasce da un’aspettativa in qualcosa, che non pareggia la frustrazione, non è contaminata dalla passione, dalla rivalsa e così via.” Lì per lì non seppe cosa rispondere. Gli venivano in mente tanti episodi, ma nemmeno uno che fosse privo di sentimenti accessori. Poi visualizzò l’immagine di una piccola giacca a vento azzurra. “È successo qualche anno fa”, raccontò Gianni, “nevicava. Probabilmente era perché nevicava che...”, e finalmente confessò: “Vedi, sono sempre stato un pinguino in tutte le mie vite precedenti.” Lubrano mette insieme le cose più diverse. Come un quadro di De Chirico. Una scrittura metafisica che gioca con i paradossi dell’esistenza. La ferocia malinconica con cui, in poche battute, inchioda il mondo è tipica degli autori pronti a schierarsi dalla parte del paradosso (e dell’ironia) prima che dalla parte della cosiddetta realtà (e della tragedia).
Edizioni Liberaria. €12,00. 13 giugno


Il mondo di Belle
Kathleen Grissom
Un’enorme dimora, rivestita di assicelle bianche e avvolta da glicini in fiore: così la casa del capitano James Pyke appare allo sguardo infantile di Lavinia McCarten, la mattina d’aprile del 1791 in cui la piccola irlandese mette per la prima volta piede in Virginia. Pyke, un uomo dalla corporatura imponente, i capelli grigi legati dietro la nuca e rughe profonde che gli solcano il viso segnato dal sole, ha raccolto la bambina dalla sua nave, appena approdata in America dopo la lunga traversata oceanica, e l’ha portata con sé per destinarla alle cucine della sua piantagione. Un modo come un altro per passare all’incasso del debito per la traversata, che i genitori di Lavinia, morti durante la navigazione, non hanno avuto la buona sorte di saldare. Stremata e debilitata, la bambina viene accolta nelle cucine della piantagione dalla famiglia di schiavi neri che vi lavorano: una piccola, operosa comunità composta da Mamma Mae, una donna dalla stazza possente che, con una pipa perennemente tra i denti, le concede subito la benedizione del suo sorriso; Papà George, un gigantesco orso bruno; Dory, Fanny e Beattie, le figlie; Ben, il figlio maschio, più grosso ancora del padre e dalla risata irresistibile e cristallina. Un mondo guidato da una responsabile delle cucine dai grandi occhi verdi e dai capelli neri e lucidi: Belle, un’attraente ragazza di diciotto anni. Frutto di un capriccio clandestino del capitano con una delle sue schiave nere, Belle è stata allontanata dalla casa padronale, finendo nelle cucine, il giorno in cui il capitano si è presentato nella piantagione con Martha, una moglie più giovane di lui di venti anni. Adottata dalla famiglia di Mamma Mae e maternamente accudita da Belle, Lavinia cresce come una servetta bianca ignara dell’abisso che separa la casa padronale dall’universo delle cucine. Finché è una bambina, Belle le cela opportunamente le verità del suo mondo: l’ambiguo rapporto che la lega al capitano padre-padrone, la dipendenza di Martha dal laudano, le punizioni inferte da Rankin, il sorvegliante violento e razzista, l’odio che il fratellastro Marshall nutre per lei. Le tace opportunamente che in Virginia chiunque abbia la pelle nera può essere picchiato, violentato, venduto e torturato nello stesso tempo. Non può fare nulla, tuttavia, quando Lavinia, cresciuta, si allontana dal suo mondo per ricongiungersi al mondo dei bianchi cui appartiene e per fare poi ritorno nella grande casa in compagnia di Marshall, il nuovo padrone divenuto nel frattempo un giovane bello e affascinante. Allora i vecchi legami sembrano distrutti, e le verità a lungo nascoste messe pericolosamente a nudo. Magnifica storia di segreti e inganni, di amore e tradimento, di violenza e riscatto, Il mondo di Belle è un romanzo che colpisce al cuore come pochi.
Edizioni Neri Pozza. €18,00. 20 giugno


A chi vuoi bene
Lisa Gardner
Che mamma speciale, Tessa Leoni. Si è rifatta una vita partendo dal fango, un gradino dopo l'altro, per amore della sua bambina, concepita chissà con chi. Che poliziotta, Tessa Leoni, che donna: i turni di notte a pattugliare da sola le strade nere, poche ore di sonno e di corsa all'asilo a prendere Sophie. Poi arriva Brian, l'uomo dei sogni, un amante appassionato per lei, un padre per Sophie… Ma adesso che è domenica mattina e tira il vento freddo di marzo, Brian è steso sul pavimento della cucina con tre pallottole in corpo, la piccola Sophie è sparita e Tessa è ancora lì con la pistola in mano. Una sergente bella e inflessibile, D.D. Warren, la incalza di domande, è certa che Tessa sia un mostro. Perché ha sparato al marito, e dov'è finita la piccola Sophie? Come può una madre e poliziotta modello non sapere più nulla di sua figlia? Adesso, proprio adesso, D.D. Warren non lo vorrebbe, un caso così. Un mese di ritardo, si accarezza la pancia; come può una madre far del male alla sua piccolina di sei anni? Scava nel passato di Tessa, in fretta, più in fretta, l'allarme per la scomparsa di Sophie diffuso in tutto lo stato. E Tessa, intanto, contusa e ferita, mente, si difende, lotta e sa una sola cosa: vuole bene a sua figlia. Più di tutto. Benedetto da settimane di classifica nei quotidiani USA, A chi vuoi bene è uno dei thriller psicologici più tesi e sorprendenti degli ultimi anni. Lisa Gardner ha avuto un'infanzia normale, una casa normale, una famiglia normale. Quando le chiedono perché mai una donna dolce e bella come lei scrive romanzi così neri, risponde che forse è colpa di tutta questa normalità. Lisa vive nel New Hampshire con due cani, un gatto, un marito e una figlia: i suoi thriller da brivido hanno scalato le classifiche dei best-seller USA e le hanno fatto vincere premi prestigiosi in mezzo mondo. A chi vuoi bene è il quinto thriller che vede come protagonista il detective D.D. Warren. Marcos y Marcos ha già pubblicato La vicina.
Edizioni Marcos y Marcos. €17,00. 20 giugno

Miss Julia dice la sua
Ann B. Ross
Miss Julia è una sessantenne da poco rimasta vedova. Donna del Sud, educata a non avere opinioni diverse da quelle del marito, o quanto­meno a non esprimerle, ha passato quarant’anni di vita matrimoniale con Wesley Lloyd Springer, banchiere, noioso, precisino, integerrimo. È morto d’infarto, Wesley Lloyd, e Miss Julia l’ha trovato stecchito nella sua lussuosa auto sul vialetto di casa. Certamente è stato uno shock. Un altro shock è stato scoprire di essere diventata ricchissima: abituata alla parsimonia del marito, non aveva davvero idea di quanti soldi avesse Wesley Lloyd. Ma sembra che si stia riprendendo piuttosto bene dalla sorpresa. È dunque con animo sereno che una calda mattina va ad aprire la porta di casa: una donna ha suonato il campanello, di certo vuole venderle qualcosa. Ma la donna – “tacchi troppo alti, un abito troppo corto e capelli troppo gialli” – vuole solo lasciarle un ragazzino, il figlio del marito! Inizia così questo spassosissimo romanzo, il primo di una serie dedicata a Miss Julia. Donna apparentemente tutta d’un pezzo, Miss Julia affascina per la sua capacità di cambiare opinione, d’interrogarsi, di cercare, dopo anni di passività, di prendere in mano la propria vita. Se vuoi che una cosa sia fatta bene, devi farla tu, questo è il suo motto. E nella serie di imprevisti e incidenti, in cui precipita la sua vita dalla comparsa del figlio e dell’amante del marito, questo motto diventa la sua guida.
Edizioni Astoria. €17,00. 30 giugno