lunedì 31 marzo 2014

Il mio primo ballo con Charlot

Titolo: L'ultimo ballo di Charlot
Autore: Fabio Stassi
Editore: Sellerio
Pagine: 212
Prezzo: €16,00
Isbn: 9788838927645
Data di pubblicazione: 2012

Valutazione:

Trama
In una sera di Natale la Morte va a trovare Charlie Chaplin nella sua casa in Svizzera. Il grande attore e regista ha passato gli ottant’anni ma ha un figlio ancora piccolo e vorrebbe vederlo crescere accanto a sé. In un lampo di coraggio Chaplin propone un patto alla Vecchia Signora: se riuscirà a farla ridere si sarà guadagnato un anno di vita. Inizia così un singolare balletto con la Morte, e quella notte a salvarlo non sarà la tecnica consumata dell’attore ma la comicità involontaria che deriva dagli impacci dell’età. La questione però è solo rinviata: anno dopo anno, a Natale, la Vecchia tornerà a reclamarlo e bisognerà trovare il modo di suscitarle almeno una risata. Nell’attesa dell’incontro fatale Chaplin scrive una lunga e appassionata lettera al figlio. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l’avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un’epoca rivoluzionaria. L’infanzia umile in Gran Bretagna, il padre alcolizzato e la madre che perde il senno, l’esordio sul palcoscenico assieme al fratello, il circo e il vaudeville, i primi successi e lo sbarco negli Stati Uniti, dove il giovane Chaplin passa da un mestiere all’altro – tipografo, boxeur, imbalsamatore – e da una costa all’altra. È un orfano a spasso per il Nuovo Mondo, incontra uomini straordinari e gente comune, e dalla loro anima generosa sembrano nascere sempre nuove possibilità. In quegli anni tutto sta cambiando, un fascio di luce su uno schermo bianco ha acceso la fantasia di un’intera nazione. L’America che accoglie Chaplin si guarda allo specchio in quelle prime pellicole, è romantica e vibrante, utopica e capace di qualsiasi gesto, dal più altruista al più vile. È leggiadra come Ester, la cavallerizza che ha incantato l’Europa, e cupa e violenta quanto il Ku Klux Klan. Le avventure di Charlie si susseguono a ritmo frenetico, fra tonfi e trionfi, illusioni e disillusioni, fino al giorno in cui ogni istante di quella vita, ogni emozione e ricordo, si trasformano miracolosamente in qualcosa di assolutamente nuovo. Accade davanti agli occhi stupefatti di una troupe impegnata in un film: un paio di baffetti, una camminata obliqua e incerta, un bastone e una bombetta polverosa, i modi di un Lord nei vestiti di un pezzente. Charlie Chaplin, venticinque anni e l’esperienza di un vecchio marinaio, ha smesso di esistere. È nato Charlot, il Vagabondo, e il mondo non sarà più lo stesso.


«Un giorno senza sorriso è un giorno perso»


Dovrei vergognarmi: io e Charlie Chaplin non abbiamo mai legato.
Magari non ho mai avuto la sensibilità giusta, la conoscenza cinematografica adatta, magari sono semplicemente ignorante al riguardo e non riesco a comprenderne il genio. O meglio, che sia un genio nel suo campo lo so, ma non sono mai riuscita a fare mia questa certezza. E so anche che potrei stare qui un'altra ora a tentare di spiegare i perché e i perché no di questo mio mancato legame con Charlot, ma eviterò, che forse non è che questo sia così importante ora. 
Fatto sta che quando è uscito il libro di Stassi, L'ultimo ballo di Charlot, io non l'ho considerato manco di striscio: non avendo mai letto Stassi, non ne sentivo la mancanza o la necessità, del mio rapporto con l'attore ho appena detto, capirete allora che quel libro non richiamava certo la mia attenzione. Ho lasciato che occupasse gli scaffali delle librerie senza fare clamore, senza andare a sbirciare recensioni, opinioni e pareri, senza fare stalking al libraccio per provare a beccarlo a metà prezzo. 
Passano i giorni e mi si piazzano davanti recensioni di chi ne dice gran bene. Lettori di cui mi fido. Ed ecco che le cose si capovolgono: un lettore fidato mi dice che quel libro merita davvero e io già mi vedo passare dal "non m'interessa" al "devo averlo immediatamente". (Fortunatamente in tutto questo lo stalking al libraccio mi viene sempre in aiuto: non solo ho trovato il libro a metà prezzo, ma al momento - se il sito sarà magnanimo con me - ne sto prendendo altri due dello stesso autore).
Insomma si è capito: Stassi ha fatto il miracolo e ha stabilito una (mia) connessione con Charlie Chaplin.
Grazie Fabio!
Eppure confesso che l'inizio non mi aveva per niente convinta. Nelle prime pagine assisto al primo siparietto tra Chaplin e la Morte e lo trovo irritante e per nulla divertente. L'attore ormai vecchio fa un patto con la signora Morte: se riuscirà a farla ridere, lei se ne andrà e tornerà a prenderlo l'anno successivo. Il patto sarà valido anno dopo anno: la Morte non lo porterà con sé fino a quando Charlot sarà in grado di farla ridere.
L'impatto è stato totalmente negativo per me: essendo solo alle prime pagine ero ancora una persona immune al fascino di Chaplin. A dirla tutta, io al posto della morte non avrei riso, anzi. Mi sarei inutilmente irritata per quella pagliacciata. Non capivo cosa ci fosse di così divertente in quel che il povero vecchietto tentava di fare. Mi sembrava tutto fin troppo patetico e insopportabile. Al punto quasi da chiudere il libro e dirgli addio.
Sbirciando le pagine successive avevo notato che però qualcosa sarebbe cambiato: più romanzo e meno teatro. Dovevo provare.
Proseguire la lettura in maniera scettica però non mi ha aiutata: l'espediente della lettera che il protagonista usa per raccontare la sua storia al figlio neanche mi convince. In realtà è proprio l'uso in generale della lettera che - ovunque lo incontri - ormai mi fa storcere il naso. Lo trovo sempliciotto, furbo e banalissimo.
Insomma Stassi con me aveva cominciato col piede sbagliato: un siparietto che non fa ridere e una lettera di un padre a un figlio come pretesto per dare il via al romanzo di una vita. Cosa sarebbe accaduto poi?
Avrei letto fin quando la noia non mi avrebbe costretta a mollare? Probabilmente sarebbe andata così.
Ma la noia non si è mai fatta viva. Neanche quando gli incontri con la Morte si sono ripetuti nel corso della storia. O quando Chaplin si è più volte rivolto al figlio, durante il racconto, ricordandomi che quelle pagine di vita non erano altro che una lunga lettera. Anche quei casi che in primo momento non avevano fatto altro che innervosirmi ora non riuscivano più a tormentarmi come prima: ormai avevo gli occhi così pieni di Chaplin, così illuminati dalla storia di un uomo che non si è mai arreso e che ha saputo fare tesoro di ogni esperienza, che ne ero irrimediabilmente affascinata. Ipnotizzata. Al punto che ad ogni incontro con la signora della falce, ero lì a ridere io per lei, anche se quel che accadeva non faceva ridere per nulla, ma era mio dovere appoggiare e incoraggiare quell'uomo, e da parte mia dovevo fargli sentire che ce l'aveva fatta: mi aveva conquistata. Fossi stata io la Morte, gli avrei concesso sempre un anno in più da vivere. L'avrei probabilmente reso immortale... ma non ha avuto bisogno di aiuto in questa impresa, ha saputo rendersi eterno da solo, grazie alla sua arte.
Prima di leggere questo romanzo non conoscevo la vita dell'attore, non conoscevo assolutamente nulla.
Ora che ho letto queste pagine non so dire quanto ci sia di romanzato e quanto di realmente accaduto, ma mi verrebbe quasi da ammettere che non m'interessa. Stassi è riuscito a costringermi ad appassionarmi alla storia di un uomo che non avevo mai preso in considerazione. È riuscito a farmene comprendere la forza, la novità, il genio. Ha il merito di aver rispolverato la vita di un grande e averla portata ai lettori in maniera semplice, quasi fiabesca. Quel che il lettore ne ricava non è la conoscenza di tot episodi veri o fittizi, ma quello che è stato il rapporto del grande attore col mondo, col lavoro, con l'amore, con la fama. Quel che emerge da queste pagine è l'esperienza di Charlot alle prese con la vita.
Non so, non riesco a dire altro e da una parte non vorrei neanche dire altro: è tutto così bello che bisogna farsene travolgere direttamente. È una poesia, la vita di quell'uomo, e Stassi ha saputo coglierne il ritmo e metterlo in prosa.
Buona lettura!

giovedì 27 marzo 2014

E se...

E se un pomeriggio di una primavera anticipata mi trovassi di fronte a un foglio bianco, con ore vuote da riempire, un silenzio da annientare e la voglia di parlare con qualcuno di libri?
E se avessi l'urgenza di raccontare quali sono i romanzi che ho amato, quali quelli che ho bevuto, vissuto, odiato, divorato? Quali letture mi hanno cambiata, annientata, colpita e affondata?
C'è un posto adatto per farlo,un posto speciale che non avevo più. O meglio, ad averlo ce l'avevo, ma giaceva in stato di abbandono. Quando passavo di qui, non potevo che notare un accumulo di ragnatele e polvere. Ho iniziato a guardarlo con nostalgia, affetto e un pizzico di rimpianto. Come qualcosa che forse era andato per sempre ma non avevo ancora il coraggio di ammetterlo. O qualcosa che avrebbe potuto essere salvato, ma non avevo la forza di.
Volevo solo capire cosa era andato storto, dove, quando e perché s'è rotto il filo di seta che ci univa, come direbbe Elisa. Pensavo che se non fossi riuscita a comprenderne il perché, non avrei mai potuto ritrovarlo.
Ma qual era la chiave per risolvere quel mistero? Aspettavo che la risposta mi cadesse addosso a mò di rivelazione divina.
Bé no, non accade così. Non ho avuto rivelazioni, non ho trovato risposte.
So solo che se ora sto scrivendo è colpa di un pomeriggio vuoto, di un sole grande così e delle canzoni di Elisa che oggi particolarmente sembra siano tutte rivolte a me, e tutte mi dicono di riempire la pagina bianca.
Cuore d'inchiostro uscirà dal suo letargo? Ho paura a dire di sì. E se poi ci ricasco? Se poi mi ritrovo ancora debole? Chiedo perdono a chi ha ancora il coraggio e la voglia di seguirmi, chiedo perdono per l'abbandono passato e per qualsiasi altro abbandono futuro. Non so cosa accadrà. So solo che i libri ci saranno sempre con me, e avrò sempre voglia di parlarne. Ma non so se riprenderà ad accadere qui con la stessa costanza di prima. Facciamo che inizio e vediamo quando o se mi fermerò.

Da dove cominciare? Da quel lontano 21 novembre, data del mio ultimo post: ne sono passati eccome di romanzi. E racconti. Più qualche saggio e alcune graphic novel. Una quantità di inchiostro che non riuscirò mai a riassumere ora. Perciò devo fare una scelta e sto meditando sul criterio.
Un'idea ce l'ho. Potrei parlare di un italiano, un americano, un giallo, un libro per bambini, uno per ragazzi, un fantasy, uno ya, una graphic novel, un classico... Ma forse un inizio del genere non fa per me: se provo a partire in grande e poi non ci riesco, so già che mollo tutto prima ancora di premere il tasto "pubblica". Per ora mi limiterò a parlare di due romanzi, uno di un autore italiano e l'altro di un autore americano. Il resto verrà poi.



Francesco Piccolo. Il mio primo contatto con l'autore è stato attraverso Momenti di trascurabile felicità, di cui se non sbaglio non ho ancora avuto modo di parlarvi ma già che l'ho tirato in ballo lo consiglio. Come una lettura per sentirsi momentaneamente meglio, per ricordare quel che non dovremmo dimenticare mai, per renderci conto che a volte basta un'idea semplicissima e il risultato è poesia. Il motivo per cui parlo di Piccolo è ben lontano da quei momenti di felicità. Mi riferisco qui a La separazione del maschio. Un romanzo che può far sorridere grazie allo stile dell'autore ma che fa anche incazzare, tanto. Un romanzo scritto da un uomo e incentrato sulla vita di un uomo. Una storia che potrebbe risultare maschilista ma che in realtà è soprattutto tanto egoistica. La separazione del maschio mette in luce i tratti più meschini dell'essere umano, mostrandoli nella loro naturalezza e umanità. Quasi ci si trova a dover accettare la poligamia perché il maschio "è fatto così". Rappresentazione di una realtà tanto assurda quanto probabilmente vera. Ci si interroga pagina dopo pagina, pur sempre con un sorriso e con un senso di sollievo sapendo che quel maschio non è l'uomo che noi abbiamo accanto, perché se solo lui fosse così noi ce ne saremmo subito accorte e l'avremmo messo alla porta già da un bel po'. Ma sarà davvero così?
Formidabile Piccolo nella caratterizzazione del protagonista, nel coinvolgimento del lettore e ancora di più della lettrice, che vuole dissociarsi, dichiararsi contraria a ciò che accade ma non può fare a meno di sentire che forse, a volte, in qualche maniera distorta, la vita va proprio così.
Ora sono già alla ricerca di Allegro Occidentale: Francesco Piccolo va letto e coltivato.
Ah sì, 4 stelline all'autore, al maschio, e al libro tutto.
Francesco Piccolo, La separazione del maschio, ed. Einaudi, €11,00.



È il turno di Paul Auster, autore di cui vorrei poter dire: non ho mai letto nulla. Ma mentirei.
In passato ho incontrato Auster e, ahimé, non l'ho apprezzato a dovere, anzi. Forse non era il momento giusto per lui, o forse semplicemente a me quel libro non è piaciuto punto e basta: fatto sta che Trilogia di New York mi ha fatto scappare a gambe levate. Ora mi guardo intorno e tutti lo osannano come un capolavoro: cos'è che non ho visto? Gli darò un'altra occasione? Magari. Sono sempre restia alle seconde occasioni da concedere ai libri mentre sono più propensa a concederle agli autori, buttandomi su altri loro romanzi.
Il fortunato in questo caso è Mr Vertigo: una rivelazione di romanzo. Se avevo odiato Auster in passato, Mr Vertigo è riuscito a farmi dimenticare, perdonare, e a trasformare l'odio nella possibilità di una seconda chance. Auster ci racconta una storia di un ragazzo e del maestro che gli insegnò a volare, diventando per lui qualcosa di molto simile a un padre. La storia ha del surreale ma non si trasforma in un racconto prettamente fantastico: è perfettamente inserita in un'epoca e in un paese (l'America degli anni '30) da risultare realistica in ogni suo aspetto, fatta salva quella fantomatica capacità di volare. 
Attraverso la metafora del volo, Auster riesce a descrivere la vita di ogni uomo: sogni, limiti, paure e cambiamenti. A leggerne la trama potrebbe risultare una storia già sentita, fin troppo banale. Ma ha una marcia in più, ed è data dalla scrittura. Un po' romanzo di formazione, un po' favola moderna, Mr Vertigo regala pagine di grande scrittura, personaggi carismatici e trasmette una profonda passione. Passione dell'autore per lo scrivere, per il raccontare, per il creare.
Probabilmente il romanzo è lontano dai romanzi tipicamente austeriani, ma ha il pregio di avermi riavvicinata e riconciliata all'autore. Anche se il vero merito - a dirla tutta - spetta a "Curarsi con i libri", dove Mr vertigo era citato come soluzione alla balbuzie, se non erro. Non sono balbuziente ma ero curiosa di incontrare quel Balbetta Grogan di cui si parlava in quelle pagine.  (E che stupore quando poi l'ho ritrovato anche ne L'ultimo ballo di Charlot! - ma di questo libro vi parlerò, spero - in futuro).
5 stelline
Paul Auster, Mr Vertigo, ed. Einaudi, €11,00.

Ce l'ho fatta a dare il via al risveglio del blog?
Mi sa che lo scopriremo insieme nei prossimi giorni ;)