domenica 8 giugno 2014

Ho rubato la pioggia di Elisa Ruotolo

Titolo: Ho rubato la pioggia
Autore: Elisa Ruotolo
Editore: Nottetempo
Pagine: 164
Prezzo: €14,00
Valutazione:

Trama
Ho rubato la pioggia è l’affresco di una provincia campana superstiziosa, una terra di mestieri inverosimili da tempi immemorabili. Il ragazzino di “Guardami” abita con il padre e con Silvia, una ragazza che vive pulendo le case degli altri. Cesare, l’amico di famiglia che non sa parlare, si innamora di lei ma non riesce a dirlo. In “Io sono Molto Leggenda” il figlio dell’allenatore di una squadra sempre perdente entra al posto del centravanti e la squadra vince. Un grande club lo seleziona, ma tra i campi di serie A il ragazzo si perde. “Il bambino è tornato a casa” racconta di due sorelle, che preparano conserve e sognano con le telenovelas, e di Matteo, un bambino che scompare e forse un giorno ritorna. Le storie della Ruotolo costruiscono un mondo con tranquilla ineluttabilità, e poi lo sospendono a quei piccoli scarti della vita che somigliano al destino.

Cominciava a salirmi dentro l'arroganza che sarà pure giusto abbiano in petto le leggende, e prima di dormire giurai baciando mille crocifissi che avrei tenuto duro e che, oh, mica c'era da scherzarci tanto con me. Perché potevo pure non sapere che erano 'sti alamari ma non mi levava un punto, pensai tirando le coperte da sotto il materasso senza curarmi del freddo. Perché io ero Molto Leggenda.

Attendo con ansia la comunicazione della cinquina al Premio Strega.
Dei dodici candidati in realtà ne ho letti solo due e mezzo, perciò diciamo che il mio tifo non deriva da una valutazione attenta di tutti i romanzi in gara. No. Due ne ho letti, uno ce l'ho in lettura. E anche se non sono neanche alla metà di quest'ultimo, ecco, io vorrei fosse lui a poter indossare la fascetta di Vincitore Premio Strega 2014. Ovvio che quindi vorrei che tra qualche giorno passasse tra i cinque. (ma poi, dico io, devo andarmi a innamorare proprio di un romanzo di una piccola casa editrice, una di quelle che raramente vincono al premio strega? ma uff).
Che c'entra tutto ciò con la recensione a questo romanzo?
C'entra che ho letto Ho rubato la pioggia e mi sono follemente innamorata del modo di scrivere di Elisa Ruotolo, candidata allo Strega non con questo ma con Ovunque Proteggici (piccola interruzione: ma quanto son belli sti due titoli? Pura poesia). 
Comunque.
Ho rubato la pioggia è una raccolta di soli tre racconti, il cui tratto distintivo è la scrittura divina dell'autrice. Mentalmente, a fine lettura, ho fatto un inchino alla Ruotolo, al libro e ai suoi personaggi: se lo meritavano tutti. A quel punto ho deciso che Elisa Ruotolo è un fenomeno (la tentazione era scrivere il mio fenomeno, perché quando mi innamoro divento un po' possessiva...) e ho creduto in Ovunque proteggici prima ancora di iniziare a leggerlo (cosa che sto facendo in questi giorni e wow. Grandiosa 'sta donna).
Chiacchiere su chiacchiere su chiacchiere e ancora non ho iniziato a spiegarvi perché siete obbligati ad amare Ho rubato la pioggia.
Perché questo libro è poesia. Sentite la poesia che attraversa le sue pagine fin dal titolo e dalla meravigliosa copertina. Ho smesso di innamorarmi delle copertine da tempo ormai: mi basta uno sfondo bianco e un titolo nero e già sono felice. Ma qui l'immagine è poesia che si sposa col titolo e pure col contenuto: un piccolo capolavoro. 
Nei tre racconti incontrerete personaggi particolari, personaggi che vogliono sfidare il mondo, provando a essere o a fare qualcosa cui non sembra siano destinati. Personaggi che riescono a vivere e a sopravvivere finché restano nel guscio della loro casa, del loro paese: una volta fuori, il mondo se li mangia. 
Conoscerete Molto leggenda, un ragazzino cui l'attributo di leggenda non basta quando è sul campo di calcio, ma che resterà tale solo nei confini del suo campetto; conoscerete Irene e Bianca, due sorelle zitelle, alle prese con le loro conserve zeppe di peperoncino e con le loro attenzioni a una cognata che ha perso figlio, scomparso misteriosamente, e marito, che l'ha abbandonata, e che sta provando comunque a vivere la sua vita; e infine vi imbatterete in Silvia, una ragazza che fa per lavoro le pulizie di casa e a un certo punto si installa a casa di un padre e un figlio, e Cesare, vecchio amico di famiglia balbuziente che si innamorerà di lei.
Storie di quotidianità rese eccezionali dalla penna della Ruotolo, che fa in modo che i personaggi sfilino davanti ai nostri occhi in carne e ossa, facendoceli conoscere e riconoscere. I suoi personaggi diventano vivi, reali: sono veri. Vorrei stare qui ore a parlare di ognuno di loro, della loro profondità, che vien fuori anche se le pagine a disposizione sono poche, della loro credibilità. 
E vorrei stare qui non ore ma giorni a dirvi quanto l'autrice si prenda cura di noi, di tutti i suoi lettori. Dietro le sue pagine si sente che c'è un grande lavoro, sembra quasi di star leggendo un libro scritto tanti anni fa. Un libro che non si fa influenzare dalle mode o dalle necessità del momento, né nella forma né nei contenuti. Quando questo accade, io - da lettrice - non posso che essere riconoscente a chi non si è limitato a buttare giù le frasi come le vengono ma le ha prese, le ha misurate, le ha pesate, le ha cesellate, le ha strofinate e poi lucidate fino a farne uscire qualcosa di spettacolare.
Ho letto che rubare la pioggia vuol dire agire senza ricavarne nulla di concreto, senza averne guadagno. 
Ecco, smettiamola di rubare la pioggia: leggiamo questo libro, leggiamo Elisa Ruotolo. 


sabato 7 giugno 2014

Le giocatrici di Marilena Lucente

Titolo: Le giocatrici
Autore: Marilena Lucente
Editore: Spartaco
Pagine: 160
Prezzo: €10,00
Isbn: 9788896350393

Valutazione:

Trama
Teresa è una scommessa persa: per pagare un debito di gioco, suo padre l’ha fatta sposare con Perzechella, uomo freddo e calcolatore che vince a carte, stravince al Lotto e nasconde i soldi nella fodera del suo paltò. È la fine degli anni Settanta: una quaterna secca sognata, non giocata ma estratta, scatena la febbre di una intera comunità messa a confronto con le leggi del destino. Niente a che vedere con la compulsività delle slot machine, lo straniamento fisico e mentale che vivono oggi i giocatori, la vicinanza all'universo della malavita, il vortice di negatività in cui si precipita dopo aver perso tutto: brucia, brucia il bar Las Vegas, rifugio infernale di Anna, che ora ha solo gli occhi, la bocca e il cuore pieni di cenere. Intanto si accendono le luci della sala Bingo dove donne sole vivono nell'attesa di riscattarsi dal passato, girare pagina, rincorrere un amore che vola sulle ali di una farfalla. Solo che ancora una volta bisognerà misurarsi con il caso, la buona e la cattiva sorte. Frenesia, speranze, illusioni e sconfitte: un racconto declinato al femminile, quello di Marilena Lucente, che esplora il fenomeno del gioco, un mondo popolato di figure inquietanti e dolci al tempo stesso. Si vince e si perde, ci si incontra, ci si detesta, si piange e si ride, si scopre che farcela da sole è impossibile perché «il desiderio, l’amore, la morte: sono questi i tre fottutissimi giochi della vita».



Le giocatrici di Marilena Lucente è molto più di quel che pensavo.
Probabilmente molto più di quel che pensate voi che state leggendo questo mio post.
Prendete questo libro (insomma, almeno virtualmente), gettate uno sguardo alla trama e ...dai, che vi viene in mente? Potrebbe piacervi? Vi lascia indifferenti? Vi siete fermati alla cover e non avete letto manco un rigo della trama? Ok, qualunque siano le vostre impressioni, so per certo che la lettura di questo libro le smentirà, per portarle a un livello più alto e inaspettato.
Ho letto Le giocatrici e ho scoperto:
- una scrittrice in gamba;
- delle storie suggestive e così reali da sembrare quasi appartenere alla mia vita, al mio passato. O forse al passato della mia famiglia;
- che, annotazione personale, posso leggere - e pure apprezzare e magari anche amare - i racconti.
Protagonista assoluto è il gioco d'azzardo.
Un gioco che viene confuso con il destino e le sue promesse. Un gioco che prende la vita e la appende ai numeri. Un gioco che diventa una mano che inserisce un gettone e uno sguardo che spera e dispera.
C'è la necessità del brivido, della scommessa, forse anche della perdita.
Camminiamo tra le storie di Teresa, Ninetta e Nicolino (in realtà quest'ultimo è un personaggio secondario e non andrebbe citato, ma fa da trait d'union per l'ultimo racconto perciò lasciatemelo passare) - mamma e figli - e quel che percepiamo è la loro non vita, il loro annullamento. Sono persone che non fanno parte del mondo perché non riescono più a vederlo. Non hanno i bisogni dei comuni esseri umani: il loro bisogno è uno e uno solo. Il gioco. Tutto il resto diventa uno sfondo difficile da mettere a fuoco, uno sfondo che acquista significato solo se dà la possibilità di continuare a scommettere e a rischiare, altrimenti perde i contorni e diventa un'immagine sfocata.
Il primo racconto è quello per me più suggestivo, un racconto che sembra appartenere al passato di chi ha vissuto nel napoletano, di chi ha avuto nonni che credevano nell'efficacia della smorfia e della sua corretta interpretazione, un passato in cui "Non ti pago" di De Filippo aveva la sua evidentissima ragione d'essere. I numeri erano una fede, non una scommessa. I numeri non tradivano, ma potevano far impazzire, quello sì.
E leggere di Teresa e di Perzechella mi ha fatto fare un salto nel tempo. Racconto pittoresco e realistico, supportato da una forza narrativa davvero impressionante. Una storia che ha il sapore dell'Italia di un tempo, di quella che forse non abbiamo mai conosciuto ma che ci è stata raccontata tante volte.
Questo primo racconto lancia il suo incantesimo: una volta che si è finiti nella storia, difficilmente se ne uscirà. Anche se i protagonisti non sono più gli stessi, i tempi sono ben più recenti e i numeri sono stati rimpiazzati da qualcosa di ancora più infernale.
Ed ecco che dopo Teresa entra in scena Anna. (E se anche voi avevate una nonna che si chiamava Anna, ma che tutti chiamavano Nina, Ninù o, come preferiva fare mio nonno, uè Nì, capirete che Anna non è una totale estranea ma non è altro che Ninetta, la figlia di Teresa e Perzechella).
Il tono cambia, così come l'ambientazione e l'atmosfera. La febbre - primo racconto - mi è sembrato intriso di realismo magico: personaggi silenziosi, forti, ai quali i numeri sembrano quasi conferire poteri divini. Nel secondo, Game over, trionfa un realismo più crudo e disperato: si ricorre alle slot machine quando i giochi sono finiti, quando non si hanno più speranze. Un gioco che sembra metafora di suicidio: non si ha più nulla, non si è più nulla, non resta altro che gettare via l'ultimo barlume di se stessi in quelle macchinette sperando, chissà, che le immagini allineate possano restituirci ciò che siamo.
E poi c'è l'ultimo racconto, Le giocatrici, che nella sua disperazione sembra lasciare aperta la porta alla speranza. Il gioco è l'alternativa alla solitudine, alla vecchiaia, a una vita ormai troppo tranquilla.
Ho trovato bellissima la successione delle tre storie: ieri, oggi e domani. Si comincia col racconto (che personalmente considero il più bello e il più poetico) che sembra una leggenda, un passato che può appartenere a chiunque; si continua con una storia più attuale e disperata, che ha il sapore del dramma del nostro presente; e si finisce con un futuro - quello della vecchiaia - abbastanza triste e solitario ma non privo di speranze.
Protagoniste di queste storie sono tutte donne, disposte a perdere il senno, il lavoro, la sicurezza, la stima di sé pur di poter giocare ancora una volta. Donne disposte a credere solo in quel destino che la sfida con la dea bendata potrà portare loro. 
L'autrice è stata bravissima nel suo lavoro. Come dicevo all'inizio: qualunque cosa mi aspettassi, ho ricevuto di più. E se ho avuto l'occasione di imbattermi in questo titolo, devo ringraziare il passaparola (tradotto: devo ringraziare ciò che ha scritto La lettrice rampante nel suo blog). Perciò spero che anche questo post possa essere un passaparola per qualcun altro. Spero che, entrando in libreria, qualcuno si trovi questo libro davanti agli occhi, lo riconosca, lo sfogli e si faccia già convincere dalle prime righe. A quel punto lo leggerà e poi ne parlerà a qualcun altro, che entrerà in libreria, lo riconoscerà, lo leggerà e se ne innamorerà e ne parlerà a qualcun altro...
Insomma buona lettura!


venerdì 6 giugno 2014

Di nuovo insieme alla Signora Harris

Titolo: La signora Harris va a New York
Titolo originale: Mrs Harris goes to New York
Autore: Paul Gallico
Traduttore: F. Pe'
Editore: Frassinelli
Pagine: 192
Prezzo: €17,50
Isbn: 9788820054816
Data di pubblicazione: 2013

Valutazione:



Trama
Dopo l'incursione da Dior a Parigi, la signora Harris è tornata felicemente alle sue quotidiane abitudini: la tazza di tè in compagnia dell'inseparabile signora Butterfield, qualche fuggevole visita al pub, il cinema settimanale. E soprattutto il lavoro di colf nelle case della Londra upper class, dove non mancano mai succulenti quanto scandalosi intrighi sui quali fantasticare con l'amica. Ma un giorno qualcosa interrompe di nuovo la routine: Ada Harris si accorge che Henry, il tenerissimo ragazzino della casa accanto, viene regolarmente maltrattato dai genitori adottivi che se ne occupano dopo l'abbandono della - snaturata! - giovane madre. Ada decide allora di rintracciare il vero padre di Henry, impresa non facile dal momento che vive negli States e il suo cognome è Brown... come cercare un signor Rossi in Italia. Ma niente può fermare la nostra entusiasta signora inglese. Perché quel che è giusto è giusto! D'altro canto la fortuna (che qualche volta ci vede benissimo) fa la sua parte: una delle facoltose famiglie per le quali Ada lavora deve trasferirsi proprio a New York, e non può assolutamente fare a meno dei suoi impagabili servigi. Accompagnata dall'imprescindibile, e straordinariamente recalcitrante, signora Butterfield, Ada solca l'oceano con una nuova missione: restituire un bambino all'affetto del padre. La signora Harris è irresistibile: eccentrica e generosa, ironica e risoluta, energica e gentile, affronta ogni avventura con spirito pragmatico...


La signora Harris, io, l'avevo già incontrata un paio di anni fa. (Giusto per, magari anche voi l'avete incontrata qui).
Avevamo avuto la possibilità di trascorrere qualche ora insieme al termine delle quali eravamo già in preda alla malinconia. Ci saremmo incontrate ancora? Le prospettive non erano per niente rosee. Intuivamo che la possibilità di rivederci non dipendeva da noi, purtroppo. Fattori esterni influenzavano l'andamento del nostro rapporto di amicizia, e a noi non restava che sperare che quegli elementi prima o poi capissero l'importanza di darci un'altra occasione.
E dopo due anni, è accaduto. Siamo tornate insieme, ancora una volta per poche ore. Ma intense. Ancora una volta, purtroppo, abbiamo dovuto dirci Addio, perché non ci è dato sapere se ce ne sarà una prossima.. Ma ora possiamo vivere di ricordi e crogiolarci un po' nella malinconia. Perché è questo l'effetto di Ada Harris: quando mi racconta le sue novità mi travolge, mi fa sentire parte di quel pezzo di vita che sta condividendo con me e mi rende nostalgica quando quel racconto ha termine.
Quando inizia a parlare, ha un effetto rilassante. Sento che quella storia è ciò di cui ho bisogno in quel momento, so che mi farà star bene, perché la Harris non è una che si lagna o che perde tempo a raccontare storie infelici. Sono sicura che se ha qualcosa da dire, è perché avrà un lieto fine. Perciò posso mettermi comoda e tranquilla: le sue parole mi faranno vedere il mondo - almeno per quell'intervallo di tempo che trascorro con lei - sotto un'altra luce. Dove il male ha breve durata e l'infelicità viene spazzata via come un granello di polvere. Il suo modo di parlare non sarà ricercato. Né nelle intenzioni dell'autore c'è l'obiettivo di creare un romanzo memorabile. No. Paul Gallico è un intrattenitore e la donna che esce dalle sue pagine fa divertire, rilassare e distrarre il lettore dai pensieri di ogni giorno. Ma non lo fa in maniera clamorosa o sensazionalistica: non c'è bisogno di effetti speciali. Ovunque Mrs Harris vada, riesce a stravolgere la quotidianità nella maniera più naturale e ovvia possibile. Creando una nuova quotidianità, più brillante, più vera. Migliore.
I romanzi di Paul Gallico sono romanzi senza troppe pretese, di quelli da leggere a mò di intervallo, per sollevare lo spirito. Che sia questo romanzo o quello precedente, non ha importanza: importante è che ogni lettore abbia la possibilità di incontrare Mrs Harris. Credetemi: avete bisogno di conoscerla. E signor Frassinelli, dico a te: dai, non c'è due senza tre, traducine un altro, che ti costa? O magari traducili entrambi, i due che mancano, così non ti scoccio più.