sabato 7 giugno 2014

Le giocatrici di Marilena Lucente

Titolo: Le giocatrici
Autore: Marilena Lucente
Editore: Spartaco
Pagine: 160
Prezzo: €10,00
Isbn: 9788896350393

Valutazione:

Trama
Teresa è una scommessa persa: per pagare un debito di gioco, suo padre l’ha fatta sposare con Perzechella, uomo freddo e calcolatore che vince a carte, stravince al Lotto e nasconde i soldi nella fodera del suo paltò. È la fine degli anni Settanta: una quaterna secca sognata, non giocata ma estratta, scatena la febbre di una intera comunità messa a confronto con le leggi del destino. Niente a che vedere con la compulsività delle slot machine, lo straniamento fisico e mentale che vivono oggi i giocatori, la vicinanza all'universo della malavita, il vortice di negatività in cui si precipita dopo aver perso tutto: brucia, brucia il bar Las Vegas, rifugio infernale di Anna, che ora ha solo gli occhi, la bocca e il cuore pieni di cenere. Intanto si accendono le luci della sala Bingo dove donne sole vivono nell'attesa di riscattarsi dal passato, girare pagina, rincorrere un amore che vola sulle ali di una farfalla. Solo che ancora una volta bisognerà misurarsi con il caso, la buona e la cattiva sorte. Frenesia, speranze, illusioni e sconfitte: un racconto declinato al femminile, quello di Marilena Lucente, che esplora il fenomeno del gioco, un mondo popolato di figure inquietanti e dolci al tempo stesso. Si vince e si perde, ci si incontra, ci si detesta, si piange e si ride, si scopre che farcela da sole è impossibile perché «il desiderio, l’amore, la morte: sono questi i tre fottutissimi giochi della vita».



Le giocatrici di Marilena Lucente è molto più di quel che pensavo.
Probabilmente molto più di quel che pensate voi che state leggendo questo mio post.
Prendete questo libro (insomma, almeno virtualmente), gettate uno sguardo alla trama e ...dai, che vi viene in mente? Potrebbe piacervi? Vi lascia indifferenti? Vi siete fermati alla cover e non avete letto manco un rigo della trama? Ok, qualunque siano le vostre impressioni, so per certo che la lettura di questo libro le smentirà, per portarle a un livello più alto e inaspettato.
Ho letto Le giocatrici e ho scoperto:
- una scrittrice in gamba;
- delle storie suggestive e così reali da sembrare quasi appartenere alla mia vita, al mio passato. O forse al passato della mia famiglia;
- che, annotazione personale, posso leggere - e pure apprezzare e magari anche amare - i racconti.
Protagonista assoluto è il gioco d'azzardo.
Un gioco che viene confuso con il destino e le sue promesse. Un gioco che prende la vita e la appende ai numeri. Un gioco che diventa una mano che inserisce un gettone e uno sguardo che spera e dispera.
C'è la necessità del brivido, della scommessa, forse anche della perdita.
Camminiamo tra le storie di Teresa, Ninetta e Nicolino (in realtà quest'ultimo è un personaggio secondario e non andrebbe citato, ma fa da trait d'union per l'ultimo racconto perciò lasciatemelo passare) - mamma e figli - e quel che percepiamo è la loro non vita, il loro annullamento. Sono persone che non fanno parte del mondo perché non riescono più a vederlo. Non hanno i bisogni dei comuni esseri umani: il loro bisogno è uno e uno solo. Il gioco. Tutto il resto diventa uno sfondo difficile da mettere a fuoco, uno sfondo che acquista significato solo se dà la possibilità di continuare a scommettere e a rischiare, altrimenti perde i contorni e diventa un'immagine sfocata.
Il primo racconto è quello per me più suggestivo, un racconto che sembra appartenere al passato di chi ha vissuto nel napoletano, di chi ha avuto nonni che credevano nell'efficacia della smorfia e della sua corretta interpretazione, un passato in cui "Non ti pago" di De Filippo aveva la sua evidentissima ragione d'essere. I numeri erano una fede, non una scommessa. I numeri non tradivano, ma potevano far impazzire, quello sì.
E leggere di Teresa e di Perzechella mi ha fatto fare un salto nel tempo. Racconto pittoresco e realistico, supportato da una forza narrativa davvero impressionante. Una storia che ha il sapore dell'Italia di un tempo, di quella che forse non abbiamo mai conosciuto ma che ci è stata raccontata tante volte.
Questo primo racconto lancia il suo incantesimo: una volta che si è finiti nella storia, difficilmente se ne uscirà. Anche se i protagonisti non sono più gli stessi, i tempi sono ben più recenti e i numeri sono stati rimpiazzati da qualcosa di ancora più infernale.
Ed ecco che dopo Teresa entra in scena Anna. (E se anche voi avevate una nonna che si chiamava Anna, ma che tutti chiamavano Nina, Ninù o, come preferiva fare mio nonno, uè Nì, capirete che Anna non è una totale estranea ma non è altro che Ninetta, la figlia di Teresa e Perzechella).
Il tono cambia, così come l'ambientazione e l'atmosfera. La febbre - primo racconto - mi è sembrato intriso di realismo magico: personaggi silenziosi, forti, ai quali i numeri sembrano quasi conferire poteri divini. Nel secondo, Game over, trionfa un realismo più crudo e disperato: si ricorre alle slot machine quando i giochi sono finiti, quando non si hanno più speranze. Un gioco che sembra metafora di suicidio: non si ha più nulla, non si è più nulla, non resta altro che gettare via l'ultimo barlume di se stessi in quelle macchinette sperando, chissà, che le immagini allineate possano restituirci ciò che siamo.
E poi c'è l'ultimo racconto, Le giocatrici, che nella sua disperazione sembra lasciare aperta la porta alla speranza. Il gioco è l'alternativa alla solitudine, alla vecchiaia, a una vita ormai troppo tranquilla.
Ho trovato bellissima la successione delle tre storie: ieri, oggi e domani. Si comincia col racconto (che personalmente considero il più bello e il più poetico) che sembra una leggenda, un passato che può appartenere a chiunque; si continua con una storia più attuale e disperata, che ha il sapore del dramma del nostro presente; e si finisce con un futuro - quello della vecchiaia - abbastanza triste e solitario ma non privo di speranze.
Protagoniste di queste storie sono tutte donne, disposte a perdere il senno, il lavoro, la sicurezza, la stima di sé pur di poter giocare ancora una volta. Donne disposte a credere solo in quel destino che la sfida con la dea bendata potrà portare loro. 
L'autrice è stata bravissima nel suo lavoro. Come dicevo all'inizio: qualunque cosa mi aspettassi, ho ricevuto di più. E se ho avuto l'occasione di imbattermi in questo titolo, devo ringraziare il passaparola (tradotto: devo ringraziare ciò che ha scritto La lettrice rampante nel suo blog). Perciò spero che anche questo post possa essere un passaparola per qualcun altro. Spero che, entrando in libreria, qualcuno si trovi questo libro davanti agli occhi, lo riconosca, lo sfogli e si faccia già convincere dalle prime righe. A quel punto lo leggerà e poi ne parlerà a qualcun altro, che entrerà in libreria, lo riconoscerà, lo leggerà e se ne innamorerà e ne parlerà a qualcun altro...
Insomma buona lettura!


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