Titolo: La banda del formaggio
Autore: Paolo Nori Editore: Marcos Y Marcos Pagine: 224 Prezzo: €15,00 Data di pubblicazione: 23 Maggio 2013 |
Trama
Ermanno Baistrocchi fa l'editore.
Va in giro a far notare le impercettibili differenze tra i suoi libri e quelli delle altre case editrici.
Paride Spaggiari fa il libraio. Invita Ermanno nella sua libreria e poi gli fa delle telefonate bellissime, tutte piene di zioboja, ma non sono zioboja d'impazienza, sono come il basso che suona l'un due tre di un valzer, i suoi discorsi sono dei valzer, mettono di buon umore.
Poi quando Ermanno ha la possibilità di comprare tre librerie Paride si offre di diventare suo socio, che si trova con una certa liquidità.
E per quindici anni Ermanno, tutto quello che fa, ne ha prima parlato con Paride.
Poi salta fuori il buridone che i soldi per le librerie a Paride venivano dalla banda del formaggio, come se i delinquenti a Parma fossero tutti della gente che non vedeva l'ora di comprarsi una libreria, come se avere una libreria fosse una specie di status symbol per i ladri.
E finisce che Paride si butta giù dal settimo piano, e dicono che sia stato per via dei giornali, per via di quello che avevano scritto sopra i giornali, ma secondo Ermanno non era mica per quello.
La banda del formaggio è la storia di un editore che un giorno sull'autobus prova affetto per il suo cuore che batte, e gli verrebbe da ricominciare.
È la storia di un libraio che il delinquente avrebbe voluto farlo come Raskol'nikov, o come il conte di Montecristo, e che ha lasciato a suo nipote, che ancora non c'è, una filastrocca che Ermanno impara a memoria, per lasciarla anche al suo, di nipote, che chissà se mai ci sarà.
«E adesso forse voi, se mai c'è qualcuno, di là, adesso forse voi siete curiosi di sapere cos'è successo davvero, e io, quel che so, io so ancora tre cose, e adesso ve le dico, e poi arrivederci.»
Ma io come faccio a parlarvi de La banda del formaggio?
Giuro che ci penso ormai da settimane. Ci pensavo mentre lo leggevo. Ci pensavo quando l'ho finito. Ho continuato a pensarci quando ho riposto il libro sulla mensola dei libri da recensire nel blog. E poi ho deciso che avrebbe aspettato il suo momento. O meglio, che io avrei aspettato che le parole giuste mi si presentassero improvvisamente e sorprendentemente. Ma non accade così. Le parole le devi cercare, da sole loro non ci vengono. Oggi sono andata a cercarle.
Le ho cercate tra le pagine del libro ma non era facile trovarle. Mi hanno fatto venir voglia di ricominciare. come direbbe Paolo Nori. Riproviamoci.
Il primo impatto con La banda del formaggio è stato spiazzante e mi ha scatenato una reazione del tipo: ma come cavolo scrive questo qui? Seguita da: oddio, ma tutto il libro è scritto così? Sono agli inizi e non lo digerisco, figuriamoci tra qualche pagina.
Ecco, dopo due tre pagine non ne potevo più fare a meno. Dopo due-tre pagine avevo dimenticato la reazione di qualche minuto prima. Paolo Nori scrive (ma forse parla anche? non so, ma secondo me sì) in un modo così colloquiale che dopo poco al lettore non sembra più di star leggendo, ma di star chiacchierando con lui. Lui ti racconta piccoli episodi della sua vita quotidiana: il suo litigio con i proprietari di un supermercato, la sua antipatia verso il genero "illuminista", il suo lavoro di editore dedito a far capire in cosa i suoi libri siano differenti da quelli delle altre case editrici. Il lettore non si sente un semplice ascoltatore. L'impressione è quella di interagire, di prendere parte a un dialogo. Forse perché il modo di parlare di Nori si insinua così a fondo nella nostra mente che iniziamo a pensare come lui, nei suoi toni, nel suo modo così familiare. Un po' come quei motivetti che a volte li ascolti al mattino e non riesci più a liberartene per il resto della giornata: è così la cadenza dell'autore e di questo romanzo. Un ritmo che si ripete e si ripete fino a diventare nostro.
Che poi il romanzo parli della vita di un editore e del suo socio, che si intrecci alle scorribande della famosa Banda del formaggio, che parli di figlie e di futuri nipoti... tutto questo l'ho vissuto come un contenitore. La forza del libro è lo stile, è il modo, è l'atteggiamento, l'ironia, la genialità.
Non è cosa ma è come
È una questione di stile
non è di molti ne' pochi ma solo di alcuni
Mi sono fatta prendere la mano, lo so, ma un po' mi ha ricordato la canzone di Fabi che forse non è che c'entri molto, probabilmente Nori manco la conosce ma nella mia mente si sono un po' intrecciate le due storie, perché il come del romanzo ha avuto la meglio sul cosa.
Non è cosa ma è come
È una questione di stile
non è di molti ne' pochi ma solo di alcuni
Mi sono fatta prendere la mano, lo so, ma un po' mi ha ricordato la canzone di Fabi che forse non è che c'entri molto, probabilmente Nori manco la conosce ma nella mia mente si sono un po' intrecciate le due storie, perché il come del romanzo ha avuto la meglio sul cosa.
Mi ero preparata a una storia di libri, librai, editori. Di carta stampata e lettori compulsivi. Di autori navigati e scrittori esordienti. E mi sono ritrovata una storia fatta di ritmo e cadenze, ripetizioni ed espressioni familiari. Una storia ricca di stile.
Sembra interessante. Non leggo volentieri libri che parlano di libri, difficilmente mi piacciono, ma forse in questo potrei trovare qualcosa in cui immedesimarmi... E poi mi incuriosisce lo stile colloquiale. Ci farò un pensierino ^^
RispondiEliminaIn realtà potrebbe sembrare che parli di libri, ma non è affatto così, anzi!
Elimina