Settanta acrilico trenta lana di Viola di Grado è una pubblicazione delle Edizioni E/O ed è stato presentato al Premio Strega da Serena Dandini e Filippo La Porta.
"Io sono quella col naso grande e i capelli lunghi neri,
la carnagione chiarissima, no, più a destra, dico quella
con la frangia e gli occhi verdi, mi vedete o no?
Quella che sta guardando dentro il cassonetto, sì proprio quella.
Altro che storia della mia vita, la mia vita non ce l'ha una storia,
di certo una storta, ma una storia no."
Camelia vive con la madre a Leeds, una città in cui «l'inverno è cominciato da tanto tempo che nessuno è abbastanza vecchio da aver visto cosa c'era prima», in una casa assediata dalla muffa accanto al cimitero. Traduce manuali di istruzioni per lavatrici, mentre la madre fotografa ossessivamente buchi di ogni tipo. Entrambe segnate da un trauma, comunicano con un alfabeto fatto di sguardi. Un giorno però Camelia incontra Wen, un ragazzo cinese che lavora in un negozio di vestiti e che le insegna la sua lingua. Saranno proprio gli ideogrammi ad aprire un varco di bellezza e mistero nella vita di Camelia, attribuendo nuovi significati alle cose. Camelia si innamora di Wen, ma lui la respinge nascondendogliene il motivo. E c'è anche il bizzarro fratello di lui, ossessionato dall'oscura morte di Lily, un'altra studentessa di Wen…
Autrice:
Catania 1988. Viola Di Grado è figlia di Antonio Di Grado, italianista e uno dei massimi studiosi di Sciascia e De Roberto, e di Elvira Seminara, scrittrice. Si è laureata in lingue orientali a Torino. È stata in Erasmus a Leeds. Ha viaggiato in Cina e Giappone e adesso si sta specializzando in filosofia cinese a Londra. Il suo primo romanzo Settanta acrilico trenta lana è stato pubblicato da e/o nel 2011.
Recensione:
Questo romanzo è un incontro inaspettato. E' come imbattersi in una vecchia amica che non si vedeva da tempo e scoprire che non è come ce la ricordavamo, che è cambiata, ormai è un'altra persona e niente potrà mai restituircela com'era.
Così avviene l'incontro del lettore con Camelia. Se alle prime battute ci sembra un personaggio familiare, una ragazza come tante, forse simile a noi, in poco tempo qualsiasi senso di familiarità sparisce.
Camelia ci spiazza, ci incuriosisce, ci spaventa.
Ci fa anche sorridere, ci piace vedere il suo modo unico ma efficace di comunicare con la madre, attraverso sguardi parlanti ma con parole mute; ci fa quasi pensare che quel modo sia molto più diretto delle troppe chiacchiere che spesso si sprecano.
Quando stiamo inziando a capire il personaggio, a comprendere le sue motivazioni, a accettare il suo modo d'essere... ecco che quell'equilibrio viene rotto dall'entrare in scena di Wen, e dal successuco cambiamento di Camelia, col recupero delle parole, da una situazione del tutto nuova...
E la storia continua così, a farci dondolare tra una parvenza di sicurezza e un nuovo scossone, fino al terribile finale.
E' una storia che vuole essere letta, le parole sono state usate alla perfezione, come se l'autrice sapesse che mettendole giù in quel modo, nessun lettore avrebbe potuto evitare di guardarle, soffermarcisi, leggerle fino alla fine.
E' uno stile nuovo, difficile ma al contempo davvero piacevole, che permette una lettura scorrevole ma permettendo al lettore di fermarsi a riflettere.
Sembra che ogni parola, ogni immagine abbia in sé anche il suo opposto. E sta al lettore riuscire a capire dov'è la verità.
Questo romanzo è un incontro inaspettato. E' come imbattersi in una vecchia amica che non si vedeva da tempo e scoprire che non è come ce la ricordavamo, che è cambiata, ormai è un'altra persona e niente potrà mai restituircela com'era.
Così avviene l'incontro del lettore con Camelia. Se alle prime battute ci sembra un personaggio familiare, una ragazza come tante, forse simile a noi, in poco tempo qualsiasi senso di familiarità sparisce.
Camelia ci spiazza, ci incuriosisce, ci spaventa.
Ci fa anche sorridere, ci piace vedere il suo modo unico ma efficace di comunicare con la madre, attraverso sguardi parlanti ma con parole mute; ci fa quasi pensare che quel modo sia molto più diretto delle troppe chiacchiere che spesso si sprecano.
Quando stiamo inziando a capire il personaggio, a comprendere le sue motivazioni, a accettare il suo modo d'essere... ecco che quell'equilibrio viene rotto dall'entrare in scena di Wen, e dal successuco cambiamento di Camelia, col recupero delle parole, da una situazione del tutto nuova...
E la storia continua così, a farci dondolare tra una parvenza di sicurezza e un nuovo scossone, fino al terribile finale.
E' una storia che vuole essere letta, le parole sono state usate alla perfezione, come se l'autrice sapesse che mettendole giù in quel modo, nessun lettore avrebbe potuto evitare di guardarle, soffermarcisi, leggerle fino alla fine.
E' uno stile nuovo, difficile ma al contempo davvero piacevole, che permette una lettura scorrevole ma permettendo al lettore di fermarsi a riflettere.
Sembra che ogni parola, ogni immagine abbia in sé anche il suo opposto. E sta al lettore riuscire a capire dov'è la verità.
Titolo: Settanta acrilico trenta lana
Autore: Viola di Grado
Editore: Edizioni E/O
Prezzo: €16,00
Editore: Edizioni E/O
Prezzo: €16,00