lunedì 16 aprile 2012

Recensione: Niente di Janne Teller

Intet



Trama:
"Se niente ha senso, è meglio non far niente piuttosto che qualcosa" dichiara un giorno Pierre Anthon, tredici anni. Poi, come il barone rampante, sale su un albero vicino alla scuola. Per dimostrargli che sta sbagliando, i suoi compagni decidono di raccogliere cose che abbiano un significato. All'inizio si tratta di oggetti innocenti: una canna da pesca, un pallone, un paio di sandali, ma presto si fanno prendere la mano, si sfidano, si spingono più in là. Al sacrificio di un adorato criceto seguono un taglio di capelli, un certificato di adozione, la bara di un bambino, l'indice di una mano che suonava la chitarra come i Beatles. Richieste sempre più angosciose, rese vincolanti dalla legge del gruppo. È ancora la ricerca del senso della vita? O è una vendetta per aver dovuto sacrificare qualcosa a cui si teneva davvero? Abbandonati a se stessi, nella totale inesistenza degli adulti e delle loro leggi, gli adolescenti si trascinano a vicenda in un'escalation d'orrore. E quando i media si accorgono del caso, mettendo sottosopra la cittadina, il progetto precipita verso la sua fatale conclusione.
Come una favola moderna, Niente mette in scena follia e fanatismo, perversione e fragilità, paura e speranza. Ma soprattutto sfida il lettore adulto a ritrovare in sé l'innocente crudeltà dell'adolescenza, fatta di assenza di compromessi, coraggio provocatorio e commovente brutalità.
Tradotto in tutto il mondo, fin dalla sua comparsa nel 2000, Niente ha suscitato polemiche accese, fino all'esclusione dai programmi in certe scuole in Norvegia e in Germania, o al rifiuto di venderlo da parte di librerie francesi e spagnole. Unanime è stato però il fenomenale successo di pubblico e critica, supportato da premi e riconoscimenti, quali "miglior libro del 2010" per il settimanale tedesco "Die Zeit", che ne hanno fatto un classico contemporaneo.

L'autrice:
Janne Taller, nata nel 1964 a Copenhagen, si è laureata in Scienze economiche. Ha lavorato per le Nazioni Unite e per l'Unione Europea a New York, Bruxelles, in Mozambico e in Tanzania. Dal 1995 è tornata a Copenhagen dove si dedica alla professione di scrittrice. Il suo primo romanzo, L'isola di Odino, uscito in Italia per Iperborea nel 2001, le ha dato immediato successo in patria ed è stato tradotto in molti paesi europei. Con Niente si è aggiudicata il premio del ministero della Cultura danese e il premio Libbylit per il miglior romanzo del 2010 in Francia.
Sito dell'autrice: http://www.janneteller.dk/


Recensione:
Ho capito ormai che i libri che hanno per protagonisti bambini/ragazzini sono i più difficili da mandar giù.
Sembra che se a dei ragazzini si facciano compiere azioni abbastanza forti e cattive, queste risultino più sincere e vere perché, probabilmente, spontanee. Manco avessimo a che fare con l'homme sauvage di Rousseau (associazione che può sembrare sbagliata, essendo quest'ultimo esempio positivo di uomo, ma utilizzato qui per descrivere quelle persone che non dovrebbero essere ancora state deviate dalla società che le circonda).
Ci prova Golding con la crudeltà nel Signore delle mosche, la ritroviamo in diverse forme ma del tutto esplicita qui in questo romanzo della danese Janne Teller.
Pierre-Anthon ha 13 anni e scopre l'assenza di senso nella vita. Sale su un albero e prende in giro gli amici e i compagni per la loro inutile corsa verso la ricerca, e la conquista, di quel significato.
Cosa accade se un ragazzino scopre improvvisamente il senso della vita, e scopre che quel senso in realtà non esiste? Che è inutile sognare, impegnarsi, credere, sperare, affannarsi per raggiungere un futuro privo di significato, che terminerà ineluttabilmente nella morte?
Si decide di ignorarlo? Di portarlo da uno psicologo per aiutarlo a ritrovare una strada? Di impedirgli di continuare a urlare la sua protesta?
Il mondo degli adulti nel romanzo pare totalmente assente. Non viene fatto nulla per fermare Pierre-Anthon e il suo disilluso attacco contro l'esistenza. Da quell'albero può continuare a urlare quanto gli pare e piace, saltando la scuola tutte le volte che vorrà: nessuno se ne prenderà cura.
L'unica risposta seria arriva perciò dal gruppo di compagni di classe di Pierre-Anthon, che stanchi di quelle sue parole dure, decidono di mostrargli la falsità di quanto lui afferma. Un significato nella vita c'è, e saranno loro a trovarlo e a portarglielo.
A questo punto la storia avrebbe potuto avere uno sviluppo del tutto diverso.
Avremmo potuto vedere dei ragazzini impegnati per la costruzione di un mondo migliore, grazie ai valori e agli ideali che famiglia e scuola hanno cercato di trasmettere loro. Avremmo potuto osservare il loro agire ispirato alla lealtà, alla fedeltà, all'altruismo, all'affetto, all'amore. Avremmo creduto che un senso nella vita c'è sempre, se sappiamo e vogliamo darglielo. Avremmo letto delle pagine commoventi, asciugandoci qualche lacrima verso la fine, contenti di aver assistito ad un insegnamento come quello.
Io l'avrei immaginato così. (La faccio facile, perché per me è facile credere alla vita e al suo profondo senso).
Janne Teller ci racconta una storia del tutto diversa, una storia in cui dei ragazzini, per poter mostrare ad un amico ciò che conta nella vita, finiscono per distruggere ciò che costruiscono. Per ogni oggetto che rappresenta la loro espressione di significato, associano immediatamente, senza neanche rendersene conto, la distruzione e la perdita dello stesso. E il gioco nato da buoni propositi con ottimi intenti diventa una gara a chi riesce ad essere più crudele verso l'altro.
Una storia che fa chiudere gli occhi davanti a certe scene, che fa rabbrividire di fronte a tanta violenza, fa entrare in ansia al pensiero che davvero possa esistere tanta crudeltà.
La lettura non lascia indifferenti, scatena una sorta di discussione nel nostro cervello che si trasforma pericolosamente in un'accusa contro l'autrice: perché distruggere in questo modo l'innocenza di ragazzi ancora così giovani? Sono davvero così crudeli?
Io non credo a tale possibilità di cattiveria, ma non mi associo alla censura cui il libro è stato sottoposto. Avere la possibilità di leggere queste pagine non può far altro che accelerare la presa di coscienza di grandi e piccoli nei confronti della vita e degli altri. Non credo possa causare tentativi di emulazione, e se li causasse allora sarei costretta a rivedere le mie posizioni.
Scrittura scorrevole e incisiva: se non avete voglia di bontà, ottimismo e lieto fine, Niente potrà essere un'ottima lettura.


Titolo: Niente
Titolo originale: Intet
Autore: Janne Teller
Editore: Feltrinelli
Traduttore: Maria Valeria D'Avino
Pagine: 128
Isbn: 9788807018855
Prezzo: €12,00
Valutazione: 3 stelline
Data di pubblicazione: 4 aprile

15 commenti:

  1. guardando soltanto la copertina e i bellissimi colori, avrei immaginato tutt'altro di questo libro ...

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    1. Il titolo però doveva far sorgere qualche sospetto...

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  2. adesso mi incuriosisce ancora di più... dato che i libri pieni di bontà mi fanno venire l'orticaria e in un certo senso io credo nella cattiveria infantile, perché secondo me un certo livello (a volte basso, a volte alto) di cattiveria è insita dentro di noi fin da bambini, ma fortunatamente è raro che venga tirata fuori. Quindi... metto in WL

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    1. Mannaggia io invece sono proprio una fan del buonismo, anche se detto così sembra un dispregiativo... Questo libro mi ha turbata, ma lo consiglio perché sono convinta che sia una lettura che merita un alto numero di lettori.

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  3. giusto l'altro giorno stavo per acquistarlo, poi all'ultimo secondo l'ho risposto sullo scaffale... ma dopo aver letto la tua recensione credo che tornerò immediatamente in libreria. Mi ha molto incuriosita.

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  4. Mi piacciono i libri difficili e le storie che non hanno mezzi termini. Sono una madre e si potrebbe pensare che leggere storie di questo genere potrebbe infastidirmi, invece è il contrario.
    Mi piacciono, ti fanno vedere il lato "buio" di alcune persone.

    Grazie per la bellissima recensione Sonia. :*

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. diciamo che di mio i libri difficili non li cerco. Mi piace che la lettura mi faccia evadere dalla realtà, sognare, stare bene. Mi mostri un mondo dove tutto è possibile.
      I libri difficili non cullano questo mio desiderio ma me ne nutro per altri scopi: per riflettere, per aprire gli occhi, per non stare sempre lì a sognare. Non li preferisco, ma ogni tanto sento che devo leggerli.

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  5. @Girasonia
    concordo con il tuo ultimo commento, anche io nel libro cerco evasione, spensieratezza e fiducia nella vita e nel prossimo, quindi da questo starò volentieri alla larga ^_^

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    1. Sì, Fede, se non si ha voglia di vedere la cattiveria e la crudeltà, bisogna stare alla larga da certe storie. Però non sempre, sennò rischiamo di affossarci!

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    2. Sì, sono daccordo, infatti anch'io a volte ci provo a leggere qualcosa di diverso. Ma devo essere dell'umore giusto, o avere serie motivazioni altrimenti, per come sono fatta io, il fiasco è assicurato :)

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    3. Esattamente: ci vuole la giusta predisposizione. Altrimenti libri come questi diventano facilmente odiabili!

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  6. Tenevo d'occhio questo libro da un po' e la tua recensione mi ha fatto letteralmente venire i brividi .. penso però di dover aspettare ancora un po' per leggerlo, come dici tu ci vuole la giusta predisposizione mentale, e in questo momento nella mia testa vorrei solo pensieri positivi!
    Bellissima recensione Sonia!

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    1. Grazie Monica!
      bé per ogni libro c'è il suo tempo, perciò saprai quando arriverà il momento giusto per questo ;)

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  7. Il titolo è già un anticipo della trama anche se con la tua recensione, in quel niente credo sia racchiuso tutto. Certi comportamenti avranno dei significati.

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